martedì 26 giugno 2012

LA STRADA DELLA PASTA

[PERCORSI] Nel quartiere della Vucciria (ma non solo) ci sono parecchie stradine che portano tutt'oggi il nome dell'attività artigianale che in esse vi si svolgeva... Troviamo infatti, a pochi metri l'una dall'altra, la via Pannieri, via Tintori, via Cassari, via Frangiai, via Bottai, via Chiavettieri, via Materassai... Strade antichissime con attività fiorenti sin dal tardo'400, epoca in cui il quartiere era un punto di ritrovo commerciale di notevole importanza per tutto il bacino del Mediterraneo. 
Tranne qualche eccezione, sono tutte viuzze strette e degradate di cui piano piano si va perdendo la memoria, ma il discorso è diverso per la via dei "maccheronai", che collega piazza S.Domenico a piazza Caracciolo, che rappresenta, oggi, l'unica parte del quartiere ancora viva (il resto, ahimè, sembra quasi un ricordo del tempo che fu)... In questa stradina anticamente c'erano laboratori e rivendite di pasta fresca, aperti sin dal'500... I maestri "vermicellai" e "maccheronai" usavano la cosiddetta madia, cioè una sorta di enorme cassettone di legno, per preparare l'impasto di farina che serviva a fare la pasta, e poi una grande tavola piana (lo "scanaturi"), per lavorare la pasta con i mattarelli. Il resto era un tipo di lavoro che non prevedeva altri utensili particolari, ma soltanto la forza delle braccia, il tocco delle mani, e tanta pazienza... Il prodotto finito veniva poi lavorato per dare forme e nomi diversi a seconda dei vari tipi di pasta : si ottenevano così "maccaruna", "lasagni", "cavatuna", "ziti", "tagghiarini", "attuppateddi", "bucati", "lumachine", "margherita", "ditali", "nicuzzeddi", etc. etc...
Fu in periodo borbonico che tramite l'arte di fare la pasta si sposarono la maestrìa dei napoletani con quella dei palermitani, e nacquero ricette tipiche ancora oggi in entrambe le città, come la pasta al ragù, fatta nei due capoluoghi con qualche variante, sebbene il concetto sia lo stesso, o i timballi di pasta con melanzane, e altro ancora. E la stessa "Norma", creata in omaggio al grande compositore Bellini, veniva cucinata magistralmente in tutto il regno delle due Sicile, partendo da una idea catanese... 
Da tempi più remoti si iniziò anche l'usanza di fare la pasta in casa, ed in certi vicoli e cortili del centro storico si poteva osservare la pasta stesa ad asciugare proprio come nella strada dei Maccheronai. Questa tradizione durò, in certi quartieri popolari di Palermo, sino all'immediato dopoguerra (anni'50), e in certi vicoli si poteva pure acquistare (concorrenza ai mastri pastai...).
La pasta, ancora umida, veniva esposta ad asciugare all'aperto nella stradina (quella "corta" poggiata su grandi tavole, quella "lunga", letteralmente stesa come biancheria su lunghe canne), in qualsiasi condizione atmosferica, dal venticello freddo invernale, allo scirocco torrido estivo... Nel secondo caso attirava polvere ed insetti, ma i compratori non se ne curavano più di tanto, perchè la bollitura avrebbe poi "purificato" qualsiasi traccia di impurità...
Per la vendita nei negozi autorizzati, venivano utilizzati dei "coppi" in carta paglierina, spessa ed assorbente. Ma in generale non c'erano condizioni igieniche allettanti...
Ma allora l'ufficio d'Igiene non mandava ispezioni ?
Forse, ma tutto sommato allora c'era di sicuro più genuinità...
Via Maccheronai - 1
Via Maccheronai - 2
(PS. Mi permetto di consigliare a tutti una visitina al ristorantino ai Maccheronai, un posto a conduzione familiare dove si mangia alla palermitana con i sapori giusti...)

martedì 19 giugno 2012

DEVOZIONE...UBRIACA

[ANEDDOTI] Federico, prezioso collaboratore di questo Blog, aveva scovato tempo fa, spulciando tra i libri di R.La Duca, questo grazioso articolo. Buona lettura a voi tutti...
Nella vecchia Palermo, una volta, non c’era vicolo o cortile nel quale non esistesse una edicola votiva con  immagini sacre, sempre illuminata e adorna di fiori.
Tra le edicole sacre palermitane dedicate all’Ecce Homo, quella di via Roma, nei pressi della chiesa parrocchiale di S.Antonio Abate, certamente è la più celebre, forse anche per il detto (di sicuro nato dopo un furto della cassetta delle elemosine) "doppu ca arrubaru, all’ecce homo ci misiru a grata", per significare assoluta mancanza di cautela in tempo utile. Altrettanto famosa era l'edicola dell’Ecce Homo di via dei Biscottai.
L'Ecce Homo di S.Antonio in via Roma

Quella di via Roma si trovava originariamente nei pressi di una taverna frequentata da alcuni venditori di pesce nel rione Conceria. Erano questi, molto spesso, poco onesti nel pesare la loro merce, e per fare ammenda dei loro peccati, avevano fatto costruire nei pressi della taverna stessa un’edicola dove il simulacro di Cristo era adornato con corona di spine d’argento dorato e manto rosso di stoffa molto pregiata. Non mancavano poi ex-voto e fiori sempre freschi, più o meno abbondanti, in proporzione diretta alle frodi sulle pesate. L’Ecce Homo della Conceria scomparve con il risanamento di quell’antico quartiere avvenuto tra il 1929 e il 1932, per poi riapparire, molto probabilmente, in via Roma...
L’altra si trovava lungo via dei Biscottai, nel rione dell’Albergheria, ma non era ricco come quello della Conceria: le spine erano autentiche e non d’argento, il manto scolorito e sgualcito, la barba di stoppa. Un aspetto veramente desolante, tant'è vero che veniva messo come termine di paragone per rifarsi a persona smunta o comunque malmessa, e soleva dirsi  "pari l’Ecce Homo di li viscuttara". Sotto la nicchia vi era una cassetta in legno per le elemosine dei fedeli, con le quali una devota vicina acquistava di tanto in tanto qualche lumino di cera.
Questo Ecce Homo, ancora esistente, è legato ad un gustoso episodio che, vero o falso che sia, veniva riferito degli abitanti della zona. Una sera, un passante, un po’ alticcio e quindi malfermo sulle gambe, si avvicinò al simulacro di Cristo e con lingua impastata, disse: "Tuo fratello della Conceria è così ben vestito e tu, invece...guarda un po’ come ti sei ridotto ! Vergogna ! Ma come hai fatto ? – ed aggiunse- Però mi fai pena e voglio farti l’elemosina..."
Ma poiché barcollava e non riusciva a trovare la fessura della cassetta, la moneta cadde a terra. L’ubriaco, ritenendo che ciò equivalesse ad uno sdegnoso rifiuto, non potè fare a meno di esclamare: "Poviru e superbu !" Ma un ragazzino che presenziava alla scena, emise una di quelle pernacchie che mozzano il fiato anche ai più incalliti oratori, e l’ubriaco, rintronato da quel "suono", e ritenendo che provenisse dal simulacro dell’Ecce Homo, adirato, ripetè : "Poviru, superbu, e... puru vastasu !"
Piccole storie della vecchia Palermo, quando la gente sapeva ancora sorridere, anche a costo di attribuire, senza irriverenza alcuna, una ipotetica pernacchia all'immagine di Nostro Signore Gesù Cristo...
L'Ecce Homo di via Biscottari

venerdì 15 giugno 2012

PALERMO NASCOSTA : IL LIBRO

Sono felice ed orgoglioso di condividere anche con voi che leggete questo Blog, la notizia dell'uscita del libro dal titolo "Palermo Nascosta" (Editore DARIO FLACCOVIO). Era un sogno e si è realizzato, grazie a chi ci ha collaborato e a chi ci ha creduto, in primis l'editor Raffaella Catalano, nonchè gli amici Federico, Nora, Franco, Aurora, Fabrizio (e i suoi familiari), nonchè tutti quelli, inclusi familiari e conoscenti, che hanno fornito spunti interessanti. Il volume (158 pag. - 10,00 euro) raccoglie parecchie storie del Blog, rivedute e corrette in stile più "narrativo", nonchè tante altre inedite.
E' suddiviso in 3 parti : "Spiriti e Sortilegi" - "Memorie di Guerra" - "Anime Palermitane".
La brillante prefazione della scrittrice Alli Traina (di cui segnalo il gustoso "Vicoli Vicoli") introduce al percorso del libro. Spero che la sua lettura, per chi deciderà di averlo nella propria biblioteca, sia utile ed interessante. E che Palermo, almeno in quelle pagine, sia un pò meno "nascosta"...
Grazie di cuore a tutti Voi per il sostegno costante dimostrato qui sul Blog, sia sulla pagina Facebook relativa.
PS. Per chi legge da fuori Palermo : Se vi va di acquistare il libro, richiedetelo alla vostra libreria di fiducia, o altrimenti, non esitate a contattarmi, in modo da far provvedere...

martedì 12 giugno 2012

DA PALERMO A ROMA : LA LEGGENDA DELL'ACQUAIOLA

Dopo aver parlato su questo blog, in passato, di famose esecuzioni di avvelenatrici come Francesca La Sarda (vedi post L'esecuzione di una avvelenatrice) o Giovanna Bonanno (vedi post Dall'aceto al patibolo), mi occupo oggi di un'altra figura femminile, accomunata alle due sopra dall'uso indistinto di veleni. Questo articolo che segue l'ho trovato su internet, e ve lo riporto qui di seguito tale e quale al suo originale... 
Giulia Tofana era una cortigiana, ma era famosa come fattucchiera. Ha vissuto a Palermo nei primi anni del 1600. Forse era figlia o nipote d’arte essendo, molto probabilmente imparentata con Thofania d’Adamo, giustiziata sempre a Palermo il 12 luglio 1633 per aver fatto morire il marito Francesco ed altre persone avvelenandole. Sulla sua colpevolezza però sorsero dei dubbi visto che tra il 1632 e il 1634, durante il viceregno di Afan de Rivera, duca di Alcalà, ci furono altre morti dovute sempre al veleno. 
I colpevoli furono individuati e giustiziati. La prima ad essere arrestata è Francesca Rapisardi detta la Sarda che venne giustiziata con l’accusa di essere una fabbricatrice di un veleno a base d’acqua che provocava una morte immediata. La donna, con sentenza della Regia Corte Capitanale, fu decapitata il 17 febbraio del 1633. Nello stesso anno, il 21 giugno, venne giustiziato Placido Di Marco, anche lui accusato di aver fabbricato lo stesso veleno per ammazzare diverse persone. Pietro Di Marco, secondo la tradizione spagnola, venne portato nella pubblica piazza e squartato in quattro parti. Una esecuzione spietata che doveva incutere terrore ai suoi eventuali imitatori. 
Prima di essere giustiziato e dopo essere stato sottoposto ad indicibili torture, Di Marco confessò che era Thofania d’Adamo la vera mente criminale che fabbricava il particolare veleno e che lui e Francesca la Sarda avevano solo il compito di distribuirlo. 
Se veramente Giulia Tofana era la figlia di Thofania allora la tesi che proprio dalla madre abbia appreso le prime tecniche sembra sempre più attendibile. Di Giulia si racconta che fosse una donna bellissima, affascinante, molto intelligenti e affarista nata. Le notizie sulla sua vita sono molte scarse anche per la mancanza di documentazioni giudiziarie. Qualcosa trapela da un libro di Adriana Assini che ricostruisce in modo romanzato e libero la storia dell’ ”acqua Tofana”. La giovane Giulia frequentava spesso un farmacista e questa sua amicizia le diede la possibilità di poter conoscere alcuni dei più famosi veleni dell’epoca. La donna aveva fatto una sua personale scoperta : facendo bollire in acqua in una pentola sigillata, una miscela di anidride arseniosa, limatura di piombo e antimonio, era possibile ottenere una soluzione limpida e trasparente, inodore ed insapore. Dopo aver filtrato il liquido, che conteneva sale di arsenico, sali di piombo e antimonio diventava un veleno ideale che poteva essere facilmente aggiunto a bevande e cibi senza che nessuno ne potesse scoprire la presenza. 
L'avvelenatrice si trasferì poi a Roma, dove continuò la sua malefica attività...
Una delle sue clienti fu sua figlia,che avvelenò il marito,del quale era stanca.La fortuna di Giulia Tofana crebbe fino al giorno fatidico in cui una delle sue vittime designate riuscì miracolosamente a salvare la pelle.L’uomo si recò dalle autorità della città e denunciò l’accaduto,con il risultato che si scatenò la caccia all’avvelenatrice, che riuscì a riparare in una chiesa,dove temporaneamente era in salvo,essendo un luogo interdetto alle autorità civili.
Ma venne catturata mentre tentava di fuggire e venne processata.Durante il processo,invece di negare le imputazioni,raccontò spavaldamente di aver fornito a molte donne romane e ad alcuni uomini, veleno necessario a causare la morte di circa seicento persone.
Venne condannata a morte con alcuni apprendisti e con alcune donne riconosciute colpevoli di aver avvelenato i loro mariti,e salì sul patibolo accompagnata dalla figlia, scoperta e condannata anch’essa. La sua morte non mise fine al commercio della sostanza velenosa. Al contrario, divenne uno dei veleni più utilizzati per gli omicidi, fino a quando la medicina non imparò a riconoscere, negli organi dei deceduti,la presenza del veleno. Giulia, sua figlia e i vari complici vennero condannati, ed impiccati nel 1659...
La forca...

lunedì 4 giugno 2012

UN ORATORIO FINALMENTE "FRUIBILE"

L'oratorio di S.Lorenzo, praticamente "attaccato" alla chiesa di S.Francesco d'Assisi, fu costruito verso la metà del XVI secolo dalla Compagnia di S.Francesco in S.Lorenzo. E' uno dei tanti oratori barocchi che possiamo ammirare nella nostra città. Infatti, pur essendo della metà del'500, l'oratorio venne completamente ridisegnato dal 1699 in poi, e al suo abbellimento vi lavorò il maestro del barocco : Giacomo Serpotta. Fu proprio lui che scolpì i rilievi inerenti alla vita di S.Francesco e di S.Lorenzo, molti dei quali, purtroppo, sono oggi privi di vari elementi, che nel corso degli ultimi 20 anni, in cui l'oratorio è stato più chiuso che aperto, sono stati trafugati dai ladri. 
Nonostante ciò, il luogo conserva quel fascino tipico di queste costruzioni religiose. Sull'altare, poi, venne rubato, nel 1969, il famoso dipinto della Natività del Caravaggio (realizzato all'inizio del'600), oggi sostituito da una copia, che seppur ben fatta, non fa che lasciare rammarico ai visitatori...
Tra puttini in atteggiamenti vari e impertinenti (tipici dell'opera del Serpotta) e scene della vita dei suddetti santi, l'oratorio di S.Lorenzo ci avvolge nel candore del bianco degli stucchi serpottiani, nonchè negli elementi in marmo (del settecentesco pavimento) e bronzo dorato (dell'altare). 
Vi si accede da un cortile all'aperto, anch'esso mancante di elementi decorativi per i motivi di cui sopra...
Oggi il sito barocco è nuovamente fruibile dal pubblico, col pagamento di un biglietto d'ingresso, grazie all'impegno di volontari che fanno anche da guida a turisti e semplici visitatori.
Quando avrete quindi una mezz'oretta di tempo, e soprattutto la voglia di (ri)scoprire e (ri)assaporare questa pagina di arte palermitana, fateci un salto. Non ve ne pentirete...
Parete
Parete
Particolare della vita di S.Lorenzo
L'altare con la "copia" del dipinto di Caravaggio
Il pavimento in marmo settecentesco
Particolare del tetto
Particolare della vita di S.Lorenzo
Particolare della vita di S.Francesco
Statua del Serpotta
Stemma dell'ordine di S.Lorenzo sul pavimento
Puttini... impertinenti