lunedì 21 maggio 2012

RICORDI DI BORGATA

[STORIE] Gli amici Grazia Nobile e Pippo Visconti scrivono oggi per noi testimonianze di come si viveva nelle borgate di un tempo. I loro ricordi dei giorni d'infanzia sono legati al quartiere, dove ci si conosceva tutti, si stava quasi sempre in casa (magari per ristrettezze economiche) ed allora anche l'arrivo di venditori ambulanti o altro, veniva vissuto come una piccola festa...
Ringraziandoli per il loro contributo al Blog, vi invito a leggere quanto segue :

IL POSTINO DELL'ACQUASANTA
Fra le tante cose vissute da piccola, che riaffiorano nella mia mente , ce n'è una in particolare che ricordo con un sorriso. Abitavo nella zona dell'Acquasanta, in una stradina... Ci conoscevamo tutti, a prescindere che nella stessa palazzina, costruita dal mio bisnonno, eravamo tutti parenti. La sera era un riunirsi di zie, cugini e parenti vari e si trascorreva il tempo a parlare, a scherzare, a raccontare...
Amavo di giorno affacciarmi al balcone a primo piano e piccolina com'ero, ero sempre incuriosita da tutto ciò che avveniva nella strada. L'appuntamento fisso dell'uomo grassoccio che veniva da Monreale a vendere il suo pane e che mi faceva un pò paura (aveva un "panzuni" enorme), gridando : "PANI RI FURMENTU !" Poi c'era quello che vendeva le arancine (uso apposta il femminile perchè per noi palermitani si chiamano così) e notavo che aveva una grossa palla dietro il collo... Il fruttivendolo che "abbanniava" le sue prelibatezze, il pescivendolo al quale mia madre si rivolgeva con attenzione per avere del pesce fresco, il tizio che veniva da Carini a vendere il suo olio e il vino. Persino un gioielliere che veniva a domicilio, gentilissimo e sempre pronto a far vedere il suo oro. Ma una cosa in particolare era indimenticabile : l'arrivo del postino.
Cominciava dalla punta della strada a gridare i vari cognomi per consegnare la posta e ad ogni cognome faceva una piccola satira.
Quando arrivava per consegnare la nostra posta (ci chiamiamo Nobile) diceva così : "A MEGGHIU VITA A FANNU I NOBILI"... E mia madre : "Ah, c'è posta pi mmia ??" E lui : "Certo signora, mica a fazzu iu a megghiu vita..." Poi era la volta dei miei zii che abitavano insieme a noi, di cognome Visconti : "MI MANCIASSI UN VISCUOTTU..." Era poi la volta dei Lo Bianco (sempre zii miei): "STA' IRNATA MI MANCIU PASTA IN BIANCU PICCHI' STAIU MALI DI STOMACU..." E così ad accorrere le mie zie Lo Bianco, ma il problema è che le zie Lo Bianco erano in tante e così si creava un pò di baldoria per capire a chi fosse indirizzata la posta.
Penso che quest'uomo faceva il suo lavoro con tanto amore se aveva voglia di soffermarsi e per ogni famiglia inventare una frase. O forse perchè ai tempi avevamo tutti più voglia di sorridere e più tempo per rapportarci col prossimo ????

A conclusione di questo graziosissimo racconto dell'amica Grazia, mi chiedo : Ma quando il postino recapitava bollette o tasse, si rideva lo stesso o lo si annaffiava con un bel "cato" d'acqua ?
[Racconto scritto da Grazia N.]
"QUELLO" DEL VINO
All’Acquasanta, oltre la piazza che dalla sabbia scura della spiaggia si apriva salendo fino alla chiesa, su per i vicoli che ancora oggi si intrecciano fin quasi alle falde di Monte Pellegrino, ricordo due taverne quasi sempre aperte.
La prima faceva anche da latteria, e a mezzogiorno qualche muratore, invece della solita mafalda divorata all’ombra di un muretto, poteva mangiarci un piatto di fave o due uova fritte accompagnate da un bicchiere.
Quanto a me bastava scendere giù con la bottiglia, fare settanta metri, dire che mi mandava mio padre e farla riempire dalla botte, ma non quella grande, l’altra, quella col vino buono, forse l’unico tra quelli che spacciava u zù Vanni.
In estate a volte, per un po’ di ghiaccio, mi portavo appresso una pentola di alluminio, gli dicevo sempre che mi mandava mio padre e lui con lo scalpellino ti staccava da un grosso blocco quattru irita, quattro dita di ghiaccio, con i bambini tutt’ intorno a saltare tra le schegge di acqua ghiacciata che schizzavano in tutte le direzioni.
- “Pi sta vota !”-per questa volta, diceva per fare intendere a tutti che si trattava di una cortesia particolare; poi tornava a coprire il ghiaccio con le coperte di lana per farlo durare più a lungo, a raffreddare le birre e le gazzose che rivendeva.
L’altra taverna era più lontana, appena appena per la verità, ma era già dopo il ricovero, il rifugio antiaereo chiuso e sigillato ma ancora in piedi; era una montagnola di calcestruzzo ripida e scivolosa per le nostre arrampicate di ragazzi e naturalmente sede di “spirdi”,di fantasmi, e passarci di sera da soli era un brivido che nessuno di noi amava provare.
Una sera tuttavia mi ci avventurai da solo per un litro di bianco di Alcamo, e sulla strada del ritorno, proprio nei pressi del ricovero, una figura scura si staccò dal muro barcollando e dirigendosi verso di me (o verso il mio vino ?).
- Lo sai come si impara a correre ?
Così, da soli, di sera e con una bottiglia di vino da portare in salvo a casa.
Col fiatone per la corsa e per lo spavento raccontai che un fituso di fantasma voleva impadronirsi di me e della bottiglia ,e naturalmente mio padre proclamò che in fondo gli spiriti che frequentano le taverne non fanno mai del male ai ragazzi, ma soprattutto non possono competere con loro nella corsa.
Anni dopo, e stento a dirti che ne erano passati solo una decina tanto il mondo e il quartiere erano cambiati, il vino ce lo portavano fino in casa; veniva uno da Partinico, col suo furgone Fiat 850T bianco carico di fiaschi, di pane di paese e di bidoni di vino, ma per quanto mi sforzi non riesco a ricordare come si chiamasse, perché per tutti era chiddu ru vinu, quello del vino. Suonava il campanello da giù, e prima che qualcuno rispondesse gridava : - Vinooo !
- Mammaaa, c’è "quello" del vino !
Saliva con un bidone e un grosso imbuto d’alluminio - “Buonasera signora !” e “Ciaoo” a noi bambini - e iniziava a riempire le bottiglie; ma per quanto ci mettesse attenzione nel travasarlo, sempre il vino fuoriusciva schiumoso, lungo la bottiglia e fino allo straccio sottostante, bagnando il pianerottolo, che restava a lungo odoroso fino ad una nuova pulizia della scala.
Di lui ricordo il giorno che venne tutto vestito a lutto, il viso pallidissimo, tanto che mia madre gli chiese chi gli fosse morto;
- Mio fratello ! - rispose, e alla domanda sul come :
- Ci spararu, signora, ci spararu !
Poco tempo dopo partì per l’ America, e non lo vedemmo mai più...
[Racconto scritto da Pippo V.]
Sono affreschi della vita semplice di una volta, vissuta, soprattutto dai bimbi, con tanta spensieratezza... 
Il porticciolo dell'Acquasanta

9 commenti:

  1. in effetti forse il ricordo del cato d'acqua l'ho rimosso.....ahahahahh,ciao.

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  2. Stessi ricordi accomunano tutti quelli che, come me, hanno ormai raggiunto l'età matura (ahimè). Io, per esempio, sono nato in via Calderai, in pieno centro storico, e posso dire di avere gli stessi ricordi, nel vicinato ci si conosceva un pò tutti e poi gli ambulanti che vendevano di tutto, dalla frutta e verdura sui tipici carretti, al gelataio che vendeva le "sciallotte", l'arrotino, il venditore di polpo bollito con la sua pentola di terracotta e l'indimenticabile venditore di gelsi che alle sette di mattina "abbanniava" : 'a st'ura v'arrifriscanu!...

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  3. Sono sempre tutte affascinante ed interessante le storie passate di ognuno di noi, anche perchè diverse l'uno dalle altre e ti danno esperiena di vita vissuta.
    Qualche volta racconterò qualcuna dei miei ricordi di gioventù dei tempi che furone nel dopo guerra del 1939.
    Vito Z.

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  4. Voci, suoni e profumi d'altri tempi, sicuramente più genuini di oggi. Una vita di borgata semplice ma intensa. Che bello. Complimenti a chi ha scritto i raccontini e a Fab che qui ce li fa leggere.
    -Andrea-

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  5. VI RICORDATE DI DON TANINO CHE ANDAVA IN GIRO CON "U PANARU" A VENDERE I GRANCHI BOLLITI? ABITAVA IN CORTILE ROCCHETTI.E DON PIETRO D'AMICO CHE LA DOMENICA IN PIAZZA ACQUASANTA VENDEVA CALIA E SIMIENZA?

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  9. Quell'uomo che vendeva il pane di Monreale me lo ricordo, ci aspettava alla entrata del vicolo Pipitone al 20. Con un gran pancione e con la faccia rossiccia. Il pane l'aveva in una bisaccia a tracollo. Il postino, un gran personaggio.

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