[STORIE] Gli amici Grazia Nobile e Pippo Visconti scrivono oggi per noi testimonianze di come si viveva nelle borgate di un tempo. I loro ricordi dei giorni d'infanzia sono legati al quartiere, dove ci si conosceva tutti, si stava quasi sempre in casa (magari per ristrettezze economiche) ed allora anche l'arrivo di venditori ambulanti o altro, veniva vissuto come una piccola festa...
Ringraziandoli per il loro contributo al Blog, vi invito a leggere quanto segue :
IL POSTINO DELL'ACQUASANTA
Fra le tante cose vissute da piccola, che riaffiorano nella mia mente , ce n'è una in particolare che ricordo con un sorriso. Abitavo nella zona dell'Acquasanta, in una stradina... Ci conoscevamo tutti, a prescindere che nella stessa palazzina, costruita dal mio bisnonno, eravamo tutti parenti. La sera era un riunirsi di zie, cugini e parenti vari e si trascorreva il tempo a parlare, a scherzare, a raccontare...
Amavo di giorno affacciarmi al balcone a primo piano e piccolina com'ero, ero sempre incuriosita da tutto ciò che avveniva nella strada. L'appuntamento fisso dell'uomo grassoccio che veniva da Monreale a vendere il suo pane e che mi faceva un pò paura (aveva un "panzuni" enorme), gridando : "PANI RI FURMENTU !" Poi c'era quello che vendeva le arancine (uso apposta il femminile perchè per noi palermitani si chiamano così) e notavo che aveva una grossa palla dietro il collo... Il fruttivendolo che "abbanniava" le sue prelibatezze, il pescivendolo al quale mia madre si rivolgeva con attenzione per avere del pesce fresco, il tizio che veniva da Carini a vendere il suo olio e il vino. Persino un gioielliere che veniva a domicilio, gentilissimo e sempre pronto a far vedere il suo oro. Ma una cosa in particolare era indimenticabile : l'arrivo del postino.
Cominciava dalla punta della strada a gridare i vari cognomi per consegnare la posta e ad ogni cognome faceva una piccola satira.
Quando arrivava per consegnare la nostra posta (ci chiamiamo Nobile) diceva così : "A MEGGHIU VITA A FANNU I NOBILI"... E mia madre : "Ah, c'è posta pi mmia ??" E lui : "Certo signora, mica a fazzu iu a megghiu vita..." Poi era la volta dei miei zii che abitavano insieme a noi, di cognome Visconti : "MI MANCIASSI UN VISCUOTTU..." Era poi la volta dei Lo Bianco (sempre zii miei): "STA' IRNATA MI MANCIU PASTA IN BIANCU PICCHI' STAIU MALI DI STOMACU..." E così ad accorrere le mie zie Lo Bianco, ma il problema è che le zie Lo Bianco erano in tante e così si creava un pò di baldoria per capire a chi fosse indirizzata la posta.
Penso che quest'uomo faceva il suo lavoro con tanto amore se aveva voglia di soffermarsi e per ogni famiglia inventare una frase. O forse perchè ai tempi avevamo tutti più voglia di sorridere e più tempo per rapportarci col prossimo ????
A conclusione di questo graziosissimo racconto dell'amica Grazia, mi chiedo : Ma quando il postino recapitava bollette o tasse, si rideva lo stesso o lo si annaffiava con un bel "cato" d'acqua ?
[Racconto scritto da Grazia N.]
Ringraziandoli per il loro contributo al Blog, vi invito a leggere quanto segue :
IL POSTINO DELL'ACQUASANTA
Fra le tante cose vissute da piccola, che riaffiorano nella mia mente , ce n'è una in particolare che ricordo con un sorriso. Abitavo nella zona dell'Acquasanta, in una stradina... Ci conoscevamo tutti, a prescindere che nella stessa palazzina, costruita dal mio bisnonno, eravamo tutti parenti. La sera era un riunirsi di zie, cugini e parenti vari e si trascorreva il tempo a parlare, a scherzare, a raccontare...
Amavo di giorno affacciarmi al balcone a primo piano e piccolina com'ero, ero sempre incuriosita da tutto ciò che avveniva nella strada. L'appuntamento fisso dell'uomo grassoccio che veniva da Monreale a vendere il suo pane e che mi faceva un pò paura (aveva un "panzuni" enorme), gridando : "PANI RI FURMENTU !" Poi c'era quello che vendeva le arancine (uso apposta il femminile perchè per noi palermitani si chiamano così) e notavo che aveva una grossa palla dietro il collo... Il fruttivendolo che "abbanniava" le sue prelibatezze, il pescivendolo al quale mia madre si rivolgeva con attenzione per avere del pesce fresco, il tizio che veniva da Carini a vendere il suo olio e il vino. Persino un gioielliere che veniva a domicilio, gentilissimo e sempre pronto a far vedere il suo oro. Ma una cosa in particolare era indimenticabile : l'arrivo del postino.
Cominciava dalla punta della strada a gridare i vari cognomi per consegnare la posta e ad ogni cognome faceva una piccola satira.
Quando arrivava per consegnare la nostra posta (ci chiamiamo Nobile) diceva così : "A MEGGHIU VITA A FANNU I NOBILI"... E mia madre : "Ah, c'è posta pi mmia ??" E lui : "Certo signora, mica a fazzu iu a megghiu vita..." Poi era la volta dei miei zii che abitavano insieme a noi, di cognome Visconti : "MI MANCIASSI UN VISCUOTTU..." Era poi la volta dei Lo Bianco (sempre zii miei): "STA' IRNATA MI MANCIU PASTA IN BIANCU PICCHI' STAIU MALI DI STOMACU..." E così ad accorrere le mie zie Lo Bianco, ma il problema è che le zie Lo Bianco erano in tante e così si creava un pò di baldoria per capire a chi fosse indirizzata la posta.
Penso che quest'uomo faceva il suo lavoro con tanto amore se aveva voglia di soffermarsi e per ogni famiglia inventare una frase. O forse perchè ai tempi avevamo tutti più voglia di sorridere e più tempo per rapportarci col prossimo ????
A conclusione di questo graziosissimo racconto dell'amica Grazia, mi chiedo : Ma quando il postino recapitava bollette o tasse, si rideva lo stesso o lo si annaffiava con un bel "cato" d'acqua ?
[Racconto scritto da Grazia N.]
Sono affreschi della vita semplice di una volta, vissuta, soprattutto dai bimbi, con tanta spensieratezza...
Il porticciolo dell'Acquasanta |
in effetti forse il ricordo del cato d'acqua l'ho rimosso.....ahahahahh,ciao.
RispondiEliminaStessi ricordi accomunano tutti quelli che, come me, hanno ormai raggiunto l'età matura (ahimè). Io, per esempio, sono nato in via Calderai, in pieno centro storico, e posso dire di avere gli stessi ricordi, nel vicinato ci si conosceva un pò tutti e poi gli ambulanti che vendevano di tutto, dalla frutta e verdura sui tipici carretti, al gelataio che vendeva le "sciallotte", l'arrotino, il venditore di polpo bollito con la sua pentola di terracotta e l'indimenticabile venditore di gelsi che alle sette di mattina "abbanniava" : 'a st'ura v'arrifriscanu!...
RispondiEliminaSono sempre tutte affascinante ed interessante le storie passate di ognuno di noi, anche perchè diverse l'uno dalle altre e ti danno esperiena di vita vissuta.
RispondiEliminaQualche volta racconterò qualcuna dei miei ricordi di gioventù dei tempi che furone nel dopo guerra del 1939.
Vito Z.
Voci, suoni e profumi d'altri tempi, sicuramente più genuini di oggi. Una vita di borgata semplice ma intensa. Che bello. Complimenti a chi ha scritto i raccontini e a Fab che qui ce li fa leggere.
RispondiElimina-Andrea-
VI RICORDATE DI DON TANINO CHE ANDAVA IN GIRO CON "U PANARU" A VENDERE I GRANCHI BOLLITI? ABITAVA IN CORTILE ROCCHETTI.E DON PIETRO D'AMICO CHE LA DOMENICA IN PIAZZA ACQUASANTA VENDEVA CALIA E SIMIENZA?
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuell'uomo che vendeva il pane di Monreale me lo ricordo, ci aspettava alla entrata del vicolo Pipitone al 20. Con un gran pancione e con la faccia rossiccia. Il pane l'aveva in una bisaccia a tracollo. Il postino, un gran personaggio.
RispondiElimina