[STORIE] Oggi Federico ci parla di una "Compagnia" che doveva confortare i condannati, spesso ottenendo l'effetto contrario...
Nella passeggiata storica dedicata ad esoterismo e Inquisizione (lo scorso 22 Gennaio), si era parlato di streghe, torture ed inquisizione, che potevano a tratti sembrare fantasie maniacali, ma che purtroppo erano le testimonianze tramandate di fatti e misfatti avvenuti a Palermo in altri tempi.
In alcuni casi durante le argomentazioni siamo apparsi crudeli e abbiamo quasi terrorizzato i nostri ascoltatori. Data l’esiguità del tempo, siamo stati volutamente superficiali su alcuni punti riproponendoci di approfondirli successivamente.
Difatti abbiamo parlato poco delle procedure, dei personaggi di giustizia, delle istituzioni ausiliarie per la conclusione di un ben riuscito spettacolo di morte nel rispetto di una splendida scenografia. Percorrendo via Alloro, deviando su vicolo della Salvezza, ci si ritrova in Piazzetta dei Bianchi... Proprio lì abbiamo fatto un piccolo intervento quasi sufficiente per identificare i personaggi. L’ambiente era soft, una piazzetta racchiusa fra antiche mura fra cui risplende un bel prospetto bianco tirato a lucido, un edificio austero con interni meravigliosi, vecchia sede di una Compagnia del "buon morire", definibile più Setta che Compagnia. Il poveraccio che finiva fra le grinfie di questa era segnato definitivamente, potendosi considerare più là che qua, avendo ormai raggiunto la terz'ultima tappa della propria vita prima di conoscere da vicino il boia... La cosiddetta Compagnia dei Bianchi, costituita da soli nobili, era essenzialmente il braccio infame delle amministrazioni giudiziarie dell’epoca, i confrati avrebbero dovuto lenire l'angoscia del morituro, ma effettivamente ne carpivano notizie che la tortura non aveva saputo cavare, e che immancabilmente riferivano agli inquirenti, affinchè questi le potessero utilizzare per cogliere nella propria rete altri colpevoli da condannare. In realtà, quindi, erano degli aristocratici adibiti a fare gli spioni, nel contempo esecutori di raffinate torture psicologiche. Tralasciando le contorte procedure per cui il condannato veniva dichiarato tale, limitiamoci a parlare della “presa in carico” e del “santo trattamento liberatorio”...
Il condannato, giudicato dalla giustizia ordinaria o dalla Santa Inquisizione, era consegnato al Presidente di Giustizia che mandava il “biglietto d’avviso” alla Compagnia, e da quell’istante cominciavano le ulteriori disgrazie per il poveraccio.
I confrati vestiti con saio bianco e cappuccio calato sul viso, per tre giorni confortavano l’afflitto, si preoccupavano che facesse un’ottima confessione e comunione mentre gli salmodiavano attorno. Analoghe compagnie della morte esistevano ovunque, ma sembra che il rito panormita fosse particolarmente ossessivo e impregnato di sadismo.
Sicché varie volte, fingendo che fosse giunta l'ora dell'esecuzione, andavano a prelevarlo verso l’alba con i ceri accesi, annunciandosi da lontano al canto del “Miserere” e del “De Profundis”, impiegando ore per percorrere corridoi lunghi solo qualche decina di metri. Quando alla fine aprivano la porta della cella, avevano modo di accertare con gioia, di essere in parte padroni della morte, potendola facilmente evocare e giocare con essa : il condannato era a terra piangente, oppure svenuto o schiumante di paura. Non restava che rianimarlo e chiedergli se fosse o no rimasto edificato dalla esperienza fatta, e se ritenesse di aver fatto una preparazione al gran passo. Evidentemente non c’era neanche un pizzico di bontà nel loro operare, era soltanto sublimazione della malvagità nell’esternare il loro potere nei confronti di un ammasso di carne destinato al macello.
Terminate le prove generali, il giorno dell’esecuzione i Bianchi si mischiavano nella scenografia dello spettacolo, ma sempre in primo piano, accompagnando fino al patibolo il disgraziato, quasi per respirare l’esalazione dell’ultimo respiro, sicuramente purificato dal loro divino operato !
Nei tre giorni che precedevano l'esecuzione, i nobili confrati erano anche investiti di una sorta di "immunità"... Infatti in quelle 72 ore divenivano pressocchè intoccabili e potevano fare il bello e il cattivo tempo, tutto ovviamente col placet delle istituzioni politiche e religiose...
Non c’era nulla di buono in loro anche quando richiedevano "Diritto di Grazia" il giorno del Venerdì Santo. Sapevano di ottenere la grazia per un condannato a morte, ma erano coscienti di non fare un gran favore allo sfortunato, che non sarebbe stato reso libero ma avrebbe iniziato una vita ben più derelitta della morte a cui era destinato. Nel migliore dei casi avrebbe servito nella flotta imperiale facendo il rematore, godendo al massimo per due anni del trattamento di "frusta", di attacchi di fastidiosi parassiti, della sete, delle infezioni, dello scorbuto. Il graziato in queste condizioni avrebbe trascinato la sua vita per appena due anni, maledicendo il remo, i Bianchi e la Grazia, sperando caldamente di morire in battaglia o di essere preso prigioniero dal turco infedele, magari abiurare e morire tra minori stenti in una galera musulmana...
Nella passeggiata storica dedicata ad esoterismo e Inquisizione (lo scorso 22 Gennaio), si era parlato di streghe, torture ed inquisizione, che potevano a tratti sembrare fantasie maniacali, ma che purtroppo erano le testimonianze tramandate di fatti e misfatti avvenuti a Palermo in altri tempi.
In alcuni casi durante le argomentazioni siamo apparsi crudeli e abbiamo quasi terrorizzato i nostri ascoltatori. Data l’esiguità del tempo, siamo stati volutamente superficiali su alcuni punti riproponendoci di approfondirli successivamente.
Difatti abbiamo parlato poco delle procedure, dei personaggi di giustizia, delle istituzioni ausiliarie per la conclusione di un ben riuscito spettacolo di morte nel rispetto di una splendida scenografia. Percorrendo via Alloro, deviando su vicolo della Salvezza, ci si ritrova in Piazzetta dei Bianchi... Proprio lì abbiamo fatto un piccolo intervento quasi sufficiente per identificare i personaggi. L’ambiente era soft, una piazzetta racchiusa fra antiche mura fra cui risplende un bel prospetto bianco tirato a lucido, un edificio austero con interni meravigliosi, vecchia sede di una Compagnia del "buon morire", definibile più Setta che Compagnia. Il poveraccio che finiva fra le grinfie di questa era segnato definitivamente, potendosi considerare più là che qua, avendo ormai raggiunto la terz'ultima tappa della propria vita prima di conoscere da vicino il boia... La cosiddetta Compagnia dei Bianchi, costituita da soli nobili, era essenzialmente il braccio infame delle amministrazioni giudiziarie dell’epoca, i confrati avrebbero dovuto lenire l'angoscia del morituro, ma effettivamente ne carpivano notizie che la tortura non aveva saputo cavare, e che immancabilmente riferivano agli inquirenti, affinchè questi le potessero utilizzare per cogliere nella propria rete altri colpevoli da condannare. In realtà, quindi, erano degli aristocratici adibiti a fare gli spioni, nel contempo esecutori di raffinate torture psicologiche. Tralasciando le contorte procedure per cui il condannato veniva dichiarato tale, limitiamoci a parlare della “presa in carico” e del “santo trattamento liberatorio”...
Il condannato, giudicato dalla giustizia ordinaria o dalla Santa Inquisizione, era consegnato al Presidente di Giustizia che mandava il “biglietto d’avviso” alla Compagnia, e da quell’istante cominciavano le ulteriori disgrazie per il poveraccio.
I confrati vestiti con saio bianco e cappuccio calato sul viso, per tre giorni confortavano l’afflitto, si preoccupavano che facesse un’ottima confessione e comunione mentre gli salmodiavano attorno. Analoghe compagnie della morte esistevano ovunque, ma sembra che il rito panormita fosse particolarmente ossessivo e impregnato di sadismo.
Sicché varie volte, fingendo che fosse giunta l'ora dell'esecuzione, andavano a prelevarlo verso l’alba con i ceri accesi, annunciandosi da lontano al canto del “Miserere” e del “De Profundis”, impiegando ore per percorrere corridoi lunghi solo qualche decina di metri. Quando alla fine aprivano la porta della cella, avevano modo di accertare con gioia, di essere in parte padroni della morte, potendola facilmente evocare e giocare con essa : il condannato era a terra piangente, oppure svenuto o schiumante di paura. Non restava che rianimarlo e chiedergli se fosse o no rimasto edificato dalla esperienza fatta, e se ritenesse di aver fatto una preparazione al gran passo. Evidentemente non c’era neanche un pizzico di bontà nel loro operare, era soltanto sublimazione della malvagità nell’esternare il loro potere nei confronti di un ammasso di carne destinato al macello.
Terminate le prove generali, il giorno dell’esecuzione i Bianchi si mischiavano nella scenografia dello spettacolo, ma sempre in primo piano, accompagnando fino al patibolo il disgraziato, quasi per respirare l’esalazione dell’ultimo respiro, sicuramente purificato dal loro divino operato !
Nei tre giorni che precedevano l'esecuzione, i nobili confrati erano anche investiti di una sorta di "immunità"... Infatti in quelle 72 ore divenivano pressocchè intoccabili e potevano fare il bello e il cattivo tempo, tutto ovviamente col placet delle istituzioni politiche e religiose...
Non c’era nulla di buono in loro anche quando richiedevano "Diritto di Grazia" il giorno del Venerdì Santo. Sapevano di ottenere la grazia per un condannato a morte, ma erano coscienti di non fare un gran favore allo sfortunato, che non sarebbe stato reso libero ma avrebbe iniziato una vita ben più derelitta della morte a cui era destinato. Nel migliore dei casi avrebbe servito nella flotta imperiale facendo il rematore, godendo al massimo per due anni del trattamento di "frusta", di attacchi di fastidiosi parassiti, della sete, delle infezioni, dello scorbuto. Il graziato in queste condizioni avrebbe trascinato la sua vita per appena due anni, maledicendo il remo, i Bianchi e la Grazia, sperando caldamente di morire in battaglia o di essere preso prigioniero dal turco infedele, magari abiurare e morire tra minori stenti in una galera musulmana...
L'Oratorio dei Bianchi alla Kalsa |
Megghiu suli ca mali accumpagnati.
RispondiEliminaRagazzi, siete proprio sicuri che la Compagnia dei Bianchi fosse questa setta di sadici che descrivete nel post? E' ben possibile vi fossero mele marce e che, in certe occasioni, abbia prevalso l'estremismo fanatico. Non esiste e mai esiterà istituzione creata dall'uomo capace di essere totalmente esente, nel proprio operato, da errori e nefandezze. Il conforto ai condannati a morte era segno di profonda civiltà e compassione. Penso ai morenti di oggi, chiusi dentro freddi ospedali. Oggi si muore in un'angosciosa solitudine, circondati dai rumori ritmici delle macchine intorno al letto; a questo riguardo il confronto tra ora e allora è, in molti casi, impietoso.
RispondiEliminaI Bianchi rendevano un servizio meritevole. Il fatto che alcuni loro membri, in certe occasioni e non con testarda sistematicità, abbiano sbagliato non inficia la nobiltà della Compagnia.
Era una compagnia di nobili ipocriti che dando compassione ai condannati in realtà mascherava le proprie nefandezze. Il fatto che poi per i tre giorni del conforto fossero immuni da tutto, fa riflettere parecchio. Ma come giustamente dici tu, magari non erano tutti mele marce, ma una gran parte si...
EliminaPer i profani questo articolo risulterebbe nuovo e nello stesso tempo strano,inconcepibile che il clero reazionario si servisse di una macchina così diabolica ad onore di una pseudoreligiosita'cristiana !!!
RispondiEliminaNei Bianchi era inesistente il concetto di pieta' cristiana nei confronti di un povero disgraziato gia' punito da eccessive torture !!
RispondiEliminaI Bianchi era soltanto dei nobili prezzolati detiti alla delazione per rimpinguare le loro casse alquanto svuotate da sperperi secolari !
Questo episodio è l'ennesima conferma che la cattiveria umana è sempre esistita; tanto più sottile e malvagia quanto mascherata dai buoni propositi: assisterli ed accompagnarli ad una buona morte!!! E sotto sotto c'è sempre l'interesse personale,sia dato dal profitto economico che da quello del prestigio e del potere....che brutta razza gli umani!!!!.. P.S.)A Valerio vorrei dire che ci sono sì le mele marce ed anche quelle buone...ed è pur vero che anche oggi proprio negli ospedali ,o nelle scuole,proprio quelle figure che dovrebbero mostrare umanità ed altruismo....sono quelle che mostrano menefreghismo e cattiveria verso chi ne ha bisogno!!!
RispondiEliminaMariella le tue sono sante parole !!! Espressione di grande umamita' e grande sensibilita'd'animo e di cuore !!!
Eliminaspesso dietro la facciate del bene si cela il male...
EliminaAnche se da epoche lontane, mi arriva sempre conferma di ciò che penso dell'uomo e tutto ciò che crea spacciandolo per carità e altruismo.
RispondiEliminaVito Zagra ... definizione azzeccata : "una COMPAGNIA dei BIANCHI" per niente gradevole, anzi da "patibolo".
RispondiEliminaInteressante informazione storica su una delle tante aggregazioni pseudo religiose di cui la storia è piena, ciò che più colpisce è la finta pietas cristiana di cui si celavano gli adepti per perpetrare angherie e ingiustizie verso i più deboli non dimentichiamo una su tutte la Santa Inquisizione (soprattutto verso le donne!!!).Oggi abbiamo nuove forme e molto più subdole di tortura psicologica il lato peggiore dell'essere umano ahimè non sparisce mai del tutto dalla storia.
RispondiEliminaAntonella C.
Io ho una visione assai pessimistica sulla natura umana dei palermitani ,per cui non mi meraviglio di niente. Se siamo come siamo oggi ,ci saranno radici profonde che provengono dal passato.Naturalmente parlo in generale e con le dovute e numerose eccezioni. I comportamenti descritti fanno veramente ribrezzo.
RispondiEliminaOttima descrizione.Sarebbe interessante conoscere da quali fonti storiche sono state attinte queste cosi' intessanti cronache settecentesche.
RispondiEliminaLe piu' interessanti notizie e testimonianze te li possono fornire i graffiti posti nelle segrete dello Steri Chiaramonte ,che sono testimonianze dirette sulle procedure di giustizia dell'epoca . Ma tanto non basta ! Penso che sia interessantissima la lettura dei Diari del marchese di Villabianca famiglio del Santo Offizio ed anche prefetto della Compagnia del Crocifisso(Bianchi),oppure si possono analizzare "I capitoli della compagnia del Crocifisso detta dei Bianchi della felicissima città di Palermo" di Gioacchino di Marzo . Molto difficoltoso sarebbe i recupero di testimonianze manoscritte provenienti dal Tribunale dell'Inquisizione,sui legami con la Compagnia,arsero per tre giorni in un rogo in Piazza Marina e copie che si salvarono erano state inviate precedentemente a Madrid . Interessantissimi sono gli articoli di Zullino "fatti e misfatti di Palermo" e di Rosario La Duca , che si sono sprecati in approfondite ricerche !!!
EliminaPensa Giuseppe ,che le procedure seguite dai Bianchi rispetto al torvo tribunale erano giochetti da bimbi innocenti . Pensa che venendo meno l'Inquisizione , la Compagnia ebbe la faccia tosta di richiederne il ripristino al fine di recuperare i mancati guadagni per i benemeriti servizi !!!!
EliminaBel conforto veramente hanno portato ai condannati!
RispondiEliminaMolte testimonianze ci sono arrivate di fattacci sull'nquisizione.
Sette diaboliche sotto mentite spoglie e in nome di una pseudo giustizia terrena e divina, torturando atrocemente senza pietà!
Spero tanto che anche loro in vita, abbiano conosciuto paura e trovato giustizia per i crimni commessi!!!
Con i tempi che corrono sarebbe saggio ripristinare la Santissima Inquisizione e la Nobilissima Compagnia dei Bianchi . Ah ! quante giare si sanerebbero !
RispondiEliminaLe fonti cui accenni non contengono alcun riferimento a quanto di orrifico descrivi.
RispondiEliminaSe pertanto non riporti i riferimenti esatti delle tue fonti, devi dire che la tua è soltanto un'opinione, altrimenti il tuo articolo è semplicemente capzioso.