[STORIE] Erano giorni durissimi, quelli del 1942/43, quando sotto le bombe alleate e le privazioni dovute alla guerra, la povera gente doveva preparare da mangiare. Le materie prime cominciarono a scarseggiare in modo notevole, sino quasi a sparire... A meno che non ci si rivolgesse agli speculatori del "mercato nero", che facevano pagare un occhio per un sacco di farina o un chilo di pasta... E anche in quel caso si doveva comunque avere il denaro necessario. Ma chi non poteva, come faceva ? Me lo sono chiesto anch'io, e l'ho chiesto a parenti e familiari che quei giorni li hanno vissuti... La colazione, nei tempi più difficili, era rappresentata più o meno da un pezzo di pane "schitto", rimasuglio del giorno prima, e, se si aveva la fortuna di tenere in casa zucchero, si facevano fette di pane "cotto" e addolcito. Per i bambini era l'antenato delle merendine di oggi... Il pane era giornalmente rintracciabile solo con la cosiddetta "tessera", che faceva quotidianamente accalcare le persone in fila davanti ai negozi che lo distribuivano. Ma più si andò avanti con la carestia di farina, più il pane iniziò a divenire immangiabile...
C'era il pane di "segale", dalla mollica scura e amaro al gusto (anche se per ironia, pare fosse molto ricco di qualità nutrizionali), o un tipo di pane che per breve periodo venne lavorato con farina (la poca rimasta) e nientemeno che polvere di marmo (!!!). Il caffè era un ricordo, c'erano dei "surrogati, o spesso veniva fatto di orzo. Il pranzo era rappresentato da un piatto di frumento macinato e cotto alla buona. La pasta era già una rarità, ma quando se ne trovava veniva quasi sempre cotta e mangiata pressocchè "squarata"...
C'era il pane di "segale", dalla mollica scura e amaro al gusto (anche se per ironia, pare fosse molto ricco di qualità nutrizionali), o un tipo di pane che per breve periodo venne lavorato con farina (la poca rimasta) e nientemeno che polvere di marmo (!!!). Il caffè era un ricordo, c'erano dei "surrogati, o spesso veniva fatto di orzo. Il pranzo era rappresentato da un piatto di frumento macinato e cotto alla buona. La pasta era già una rarità, ma quando se ne trovava veniva quasi sempre cotta e mangiata pressocchè "squarata"...
La cena sempre con pane (quello preso la mattina con la tessera) e qualche raro frutto, o con qualche "decotto" di cicoria e altre improbabili verdure, raccattate in qualche giardino pubblico o giù di lì...
Una cosa che non mancava era l'acqua, che sgorgava per fortuna regolarmente dai rubinetti e veniva bevuta dalle famiglie, in quanto chimicamente molto più buona di quella di oggi (e non potrebbe essere diversamente, sennò chi comprerebbe più le "casse" di acqua minerale ?)...
Quelli furono i momenti in cui si potè dire di aver visto la fame coi propri occhi, o quando venne fuori il detto palermitano "U pitittu nni sta facennu acitu"... L'ironia non mancava nemmeno a stomaco vuoto.
A volte, però, anche quelle poche e misere cibarie, mancavano pure... E allora cosa si poteva fare ?
Un giorno se lo chiese pure la zia "Ciccina", che dopo essersi scervellata per ore gironzolando nervosa, notò una finestra aperta ed un piccione che si era infilato in casa...
Prontamente richiuse la finestra bloccando il pennuto in casa, e dopo lotta senza quartiere riuscì a catturarlo, ma non sapendo bene come ucciderlo (o forse non avendo, in fondo, il coraggio di farlo), mentre lo stringeva con una mano per non farlo scappare via, con l'altra riuscì a riempire velocemente una bacinella d'acqua dove immerse la testa del malcapitato piccione fino ad annegarlo... Pianse pure la dipartita del volatile, ma quel giorno, tra le piume grigiastre del pennuto che ancora svolazzavano "casa - casa", sfamò marito e figli con un inatteso arrosto...
Nei giorni successivi, chissà perchè, quella finestra rimase sempre aperta...
Ed un giorno di festa, si fa per dire, alla famiglia di Ciccina venne regalato un pollo da un contadino che era sceso a Palermo da un paese vicino e che conosceva il marito. Dopo essersi procurata anche un paio di patate, decise di cucinare il pollo "aggrassato", anche se cipolle non ce n'erano granchè... Ma in quei giorni una cena così se la sognavano pure i ricchi. E mentre il pollo era già cotto nel suo tegame, con coperchio e "peso" messi sopra, Ciccina dimenticò di chiudere la famosa finestra...
Risultato : invece di qualche piccione entrò un gatto (la casa era all'ultimo piano, e sui cosiddetti "canali" passavano e spassavano vari ed affamati felini), e fece il tegame così ben pulito che non ci fu bisogno di lavarlo una seconda volta... I gatti venivano sempre tenuti in quelle case per paura dei topi, che nonostante il periodo di carestia, spesso facevano festosamente capolino, soprattutto nelle ore notturne, per cercare un tozzo di pane o qualche briciola, ma spesso, dato il periodo, non trovando nulla (perchè per la fame, le briciole rimaste sul tavolo venivano mangiate come dessert). I gatti entravano dalle finestre, i topi da chissà dove, ma pollo aggrassato e bricioline a parte, era dura pure per loro.
D'altronde la guerra era davvero per tutti, e non faceva quindi distinzione di specie...
D'altronde la guerra era davvero per tutti, e non faceva quindi distinzione di specie...