lunedì 22 aprile 2013

LA CHIESA IN DISLIVELLO

Per capire come andavano le cose tanto tempo fa, ci si deve appellare, oltre ai libri di storia, ai monumenti. Una volta il Cassaro, l'odierno corso Vittorio Emanuele, era un pò più basso rispetto al livello della strada che conosciamo oggi. Una delle tracce di questo "dislivello" lo si può tutt'oggi notare in una di quelle chiese che è rimasta chiusa per tanto tempo, ma che oggi, per fortuna, è di nuovo attiva e aperta. E' la chiesa di S.Maria di Porto Salvo (o Portosalvo). Costruita nel 1526 nell'area di quello che era un magazzino portuale (allora il porto di Palermo era alla Cala), era vicinissima al mare.
Il Senato cittadino concesse quel luogo a una confraternita perchè vi edificasse una chiesa. Dal 1531 in poi, con l'intervento di Antonello Gagini, l'edificio prese forma dal punto di vista architettonico e artistico. Nel 1581, in seguito al prolungamento del Cassaro, la chiesa fu in parte demolita e l'aspetto modificato. All'interno presenta elementi interessantissimi di Gotico-Rinascimentale, nonchè dipinti del sedicesimo secolo. Abbastanza austera ma affascinante nel suo insieme, la chiesa ha una interessante particolarità. E' leggermente più in basso rispetto al livello del corso Vittorio. Questo perchè la strada subì diverse variazioni nel corso dei secoli e l'originario livello del Cassaro era quello della chiesa.
Un pezzo di storia cittadina, insomma, racchiuso nei due scalini tramite i quali si "scende" nella chiesa. Informazioni su questo edificio religioso sono al suo interno, in una iscrizione di recente fattura, che si può leggere entrando in chiesa, sul lato sinistro.

Visione della chiesa verso l'altare
Visione della chiesa dall'altare
Colonne
Interno
Iscrizione accanto all'ingresso
L'ingresso della chiesa, più basso rispetto alla strada
Facciata esterna







giovedì 11 aprile 2013

UNA SERATA...SULLE TRACCE DEGLI ASSASSINI

Per motivi legati al cattivo tempo, lo scorso 12 marzo si dovette annullare il percorso relativo al delitto Petrosino. Adesso è stato recuperato, in una bella e profumata serata di primavera, con la cornice sempre affascinante e suggestiva di piazza Marina a fare da contorno. 
Supportati da notizie d'epoca e dal resoconto del libro di Arrigo Petacco, "Joe Petrosino" (della Oscar Mondadori), la passeggiata ha avuto inizio.
L'appuntamento dei partecipanti era alla chiesa della Catena, ideale luogo di ritrovo per dare poi il via alle tre tappe che prevedeva l'itinerario. La figura del detective italo-americano è stata descritta come quella di un Falcone o, forse ancora meglio, di un Dalla Chiesa ante litteram. Un astuto investigatore che per primo capì le collusioni tra la malavita d'oltreoceano e quella del sud Italia. Venuto a capire perchè certi delinquenti da lui affrontati in America entravano con fedine penali pulite, ma puliti non lo erano affatto, si rese conto che il marcio stava nella connivenza tra malavita, politica e altri tipi di poteri. Joe Petrosino (nato Giuseppe, ovviamente, a Padula, un paesino della Campania), arriva a Palermo il 28 febbraio 1909. Dal porto si trasferisce in carrozza in uno degli alberghi più belli della città, l'Hotel de France di piazza Marina. Nei giorni successivi inizierà le sue indagini private, stabilendo contatti con degli informatori (si fiderà fin troppo di queste persone), incontrerà il console americano, il dott.Bingham, il quale gli ribadirà che Palermo non è New York, e che qui non potrà stare tranquillo al 100%. Si scontrerà col questore Ceola, che non saprà rispondere a legittime domande sul continuo flusso di malviventi con casellari giudiziari "sporchi" dalla Sicilia agli USA. Petrosino rifiuta una scorta, sentendosi sicuro della rete di informatori che gli gravita intorno. Dopo una decina di giorni , e una breve trasferta a Caltanissetta, per lavorare un paio d'ore al tribunale di quella cittadina, il poliziotto italo-americano consumerà il suo ultimo pasto serale al Caffè Oreto, i cui locali sono tutt'ora esistenti a piazza Marina (oggi c'è un bar), dopodichè, avvisato da un paio di informatori che entrano nel Caffè a dirgli qualcosa a metà della sua cena, si recherà ad un incontro con gente rimasta sconosciuta e che lo aspetta nel buio della piazza, accanto all'inferriata di villa Garibaldi. Un improvviso black out dell'illuminazione fa il resto. Petrosino si avvia all'appuntamento praticamente al buio. 
Sono le 20.45 del 12 marzo 1909: in questo contesto di buio e mistero, si svolge l'ultimo tragico atto della sua breve permanenza a Palermo.
Affrontato da due sicari che gli esplodono tre colpi a bruciapelo, Petrosino cade. Gli spari lo colpiscono al collo, alla spalla e un terzo proiettile gli rimane incastrato nel bavero della giacca. Un quarto colpo al viso, lo finisce. Muore così, oltre che un poliziotto, una delle prime personalità dell'antimafia che capì tante cose prima di gente come Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, che furono vittime lasciate sole, ma tanti anni dopo. Il giorno dopo l'omicidio, una breve comunicazione del questore all'ambasciata americana: "12 Marzo 1909: Petrosino ucciso questa sera nel centro di Palermo da sconosciuti. Muore un martire".
Era un omaggio che il gruppo Palermo Nascosta ha voluto fare ad uno dei martiri più illustri di questa città. Senza contare l'errore del comune, che nel centenario della morte, nel 2009, fece erigere una lapide in un punto completamente sbagliato della piazza, sul lato di palazzo Steri.
Ma questa, è un'altra storia...
Stralcio di un giornale d'epoca
Stralcio di un altro giornale d'epoca
La "mappa" del nostro percorso, da una illustrazione del libro di A.Petacco
La statua di Joe Petrosino all'interno dell'ex Hotel de France
Il nostro punto di ritrovo, alla chiesa della Catena
l'ex Hotel de France
Il gruppo di fronte all'Hotel de France
Davanti all'ex Caffè Oreto
Il culmine del percorso: il punto esatto in cui cadde Petrosino
La croce scolpita sul muretto di villa Garibaldi nel 1909