mercoledì 27 febbraio 2013

WAGNER A PALERMO



Cade quest'anno il bicentenario della nascita di Richard Wagner, grande musicista. Il teatro Massimo lo celebra, in questi giorni, con la rappresentazione di sue opere. Ho trovato su internet interessanti notizie sulla sua permanenza a Palermo. Buona lettura a tutti.
Nato a Lipsia il 22 maggio 1813, il 5 novembre 1881 Richard Wagner sbarca a Palermo dal vapore Simeto, e scende al Grand Hôtel et des Palmes con la moglie, le due figlie e uno stuolo di altre persone, tra cui una figliastra.
Wagner arriva affaticato, nervoso, irritabile, soggetto a forti dolori al petto e con il terzo atto del "Parsifal" da scrivere. I medici lo avevano rassicurato, dicendogli che lunghe passeggiate e un clima mediterraneo gli sarebbero stati di grande aiuto. Insomma che svernasse al sud, lasciando la piovosa Bayreuth. Il "Giornale di Sicilia", dà notizia, l'indomani, dell'arrivo del «celebre compositore tedesco autore del "Cola di Rienzo", della trilogia dei "Niebelungen" e di tanti altri capolavori musicali. 

Il Maestro rimane conquistato dal clima: «Qui c'è soltanto primavera ed estate». A differenza di Goethe che non si curò dei monumenti cittadini, proteso com'era verso la valle dei Templi, Wagner si entusiasma per la cattedrale dove riposa il suo Federico II, ma soprattutto per i mosaici di Monreale. Da una lettera scritta da Cosima, moglie di Wagner, citata da Roberto Pagano in un lungo saggio di riferimento dedicato al soggiorno wagneriano, apprendiamo il programma quotidiano: «La mattina si lavora, a mezzogiorno si passeggia, all'una si desina, alle tre si ripasseggia, alle cinque si lavora, alle sette si pranza e dopo si va al letto». Un programma ferreo che Wagner mantiene almeno sino a quando non finisce di scrivere il "Parsifal" e fino a quando non verrà irretito dalla ospitale e aristocratica mondanità cittadina.
Dunque è a Palermo che Wagner completa il 13 gennaio la partitura del "Parsifal". Se ne vanta l'Hôtel des Palmes che esibisce lapide e busto bronzeo. Se ne vantano i palermitani che sul soggiorno, sui fatti hanno ricamato e tramandato una vasta e controversa aneddotica. Wagner che nei momenti di ispirazione si faceva lanciare addosso da Cosima dei veli di diversi colori. Nella vulgata pare che Cosima addirittura strofinasse veli profumati sulla testa e sul corpo di Wagner. Una scena feticista alla Stroheim, a venire. Wagner che entra in contrasto con il proprietario dell'Hôtel, signor Ragusa, affermando a suoi amici altolocati che l'unico brigante che conosce in Sicilia è il suo albergatore. Wagner che si fa corteggiare dall'aristocrazia palermitana: i Tasca, i Lanza, i Gangi, i Mazzarino, e ne rimedia la Villa Porrazzi dei Gangi, dopo aver declinato l'offerta della prestigiosa villa di Camastra dei Tasca. Quella ai Porrazzi parve a Cosima più gestibile. Oggi la villa non esiste più, distrutta dai bombardamenti, ma ne rimane almeno un sedile di pietra d'Aspra salvato da un giudice amante dell'arte. Pur essendo grato dell'ospitalità il musicista però si arrabbia perché la villa è fredda, umida e Siegfried si ammala. Il trasferimento ai Porrazzi data 2 febbraio, ed essendo la villa vicina a quella dei Tasca, Wagner ora passeggia soprattutto dentro il parco di villa Tasca. A Marzo lascerà definitivamente Palermo.
Richard Wagner muore a Venezia a Palazzo Vendramin il 13 febbraio 1883 alle ore 15,30, per un attacco di cuore. Aveva poco più di settanta anni. Al diffondersi della luttuosa notizia, Palermo, in nome della permanenza in città del maestro e famiglia e amici tra il novembre 1881 e il marzo 1882, della gestazione in loco del terzo atto del "Parsifal", e soprattutto delle relazioni che Wagner aveva intrecciato con la society palermitana, si scoprì wagneriana. E quel soggiorno si è trasformato in un'epopea di wagnerismo panormita. Questi i fatti.
Richard Wagner

giovedì 14 febbraio 2013

UNA ESECUZIONE (A CASO) DEL'700

Ecco la cronaca di una esecuzione del'700 tratta dai Diari del Marchese
di Villabianca:
Appena fissato il giorno della esecuzione l'Avvocato fiscale 
(oggi Procuratore del Re) nella G. C. Criminale, o il Capitan 
Giustiziere nella Corte Capitaniale, ne dava partecipazione al 
nobile Governatore della Compagnia dei Bianchi e gli rimetteva 
le chiavi della cella del condannato. 
Da quel momento la Compagnia entrava in possesso di lui, e ne 
aveva il governo materiale e spirituale. 
Per tre giorni i buoni signori si moltiplicavano per assisterlo a ben morire: 
e non era in lui desiderio che essi nei limiti della loro facoltà non 
si affrettassero a soddisfare .La prima sera che questi entrava in 
cappella, a due ore di notte (due ore dopo l'Avemmaria) la campana della 
chiesa degli Agonizzanti dava tanti rintocchi quanti erano i rei da 
giustiziare; il suono si ripeteva anche la 
vigilia: ed a quei rintocchi, a quell'ora, specie nelle sere crude 
d'inverno, ogni persona si faceva il segno della croce, e pensava 
chi mai potesse essere il disgraziato e per quale delitto condannato. 
Questo veniva confessato e comunicato ogni giorno per i 3 
rimanenti. Poi il fatale momento giungeva. 
Un fabbroferraio si affatica a schiodare i ferri dai piedi dell’afflitto, 
come lo chiamano i Bianchi, e si dispone a lasciare il troppo lugubre 
albergo, la Vicaria, dove non ritornerà mai più. 
Il vasto Piano della Marina è il posto ordinario, ma non unico, del 
truce spettacolo. Dalle finestre, dalle terrazze, dai tetti, dai cornicioni 
si affacciano, si protendono, penzolano come grappoli di corpi umani 
migliaia di persone. I venditori di semi di zucca e di acqua fresca a 
grande stento si muovono in mezzo alla calca non cessando dal gridare 
a squarciagola la loro merce. 
La inferriata del carcere stride sui cardini e si rinchiude subilo alle 
spalle d'un lugubre corteo. Un improvviso mormorio generale cresce 
un frastuono assordante. Algoziri e ministri di giustizia a cavallo, 
con verghe nelle mani, seguono lentamente, misuratamente il regio 
stendardo rosso, e precedono la Compagnia dei Bianchi assodante il 
reo, legato sopra un carro. 
Granatieri con baionetta in canna, o, secondo i tempi, alabardieri e 
soldati a cavallo, formano steccato e controsteccato impenetrabile 
alla folla sterminata, che pallida, allibita, ma sempre curiosa, non 
rinunzia al vecchio spettacolo. Le forche si levan alte in ragione 
della gravità del delitto. 
Nelle più alte forche, secondo la sentenza, vengono impiccati i grandi 
assassini. Come Anna Bonanno, soprannominata la Vecchia di l'acitu, 
alle Quattro Cantoniere; o il parrucchiere Giuseppe Mantelletti, 
a 19 anni uccisore d'un sacerdote. 
L'afflitto ascende la scala del supplizio, e lontano si odono i lenti 
rintocchi cella chiesa degli Agonizzanti, 
e vicino quelli della campana maggiore della chiesa di S. Francesco 
li Chiovari : e tutti, vicini e lontani, invocano la Madonna della Buona 
Morte, perchè voglia concedere passaggio all'anima dello 
sventurato. Tamburi e trombe rumoreggiano improvvisamente, 
incessantemente. Un fremito convulso invade ogni astante : l'umana 
giustizia è fatta ! I Bianchi, in ginocchio pregano pel trapassato; il 
cappellano ne benedice il cadavere, che, non più come anni addietro, 
rimane fino a tarda sera, per una giornata, penzoloni, ma vien presto 
rimosso, e se i delitti non esigano altro, trasportato entro una cassa 
alla chiesa dei decollati, nel vicolo S. Antoninello lo Sicco, sepoltura 
ordinaria dei rei di Stato; intanto che la folla superstiziosa si precipita 
verso la forca, affamata d'un brincello della sozza fune, già diventava 
prezioso amuleto. Ben altro però ha da fare il carnefice se il giustiziato 
è stato un ladrone di campagna. Per questo malvagio non v'è quartiere 
d'inverno. L'arbitrio dei giudici tien luogo di legge, sentenziando 
caso per caso la esemplarità della punizione. Questo solo è certo : 
che per siffatta gente non vi è pietà: e la sicurezza dello Stato esige le 
forme anche più disumane di giustizia. La loro impiccagione può aver 
luogo in vari punti della città, così dentro come fuori, al Piano del Carmine, 
1% quello del Monte, a Porta di Vicari (S. Antonino). il quella di Termini 
(Garibaldi), a quella di S. Gioro, fuori Porta Nuova, fuori Port<i Montalto : 
siti loro nefande geste e quindi di espiazione. Ma tra tutti hanno triste 
preferenza le Quattro Cantoniere. 
I diari palermitani hanno pagine orrende di codesti spettacoli : ma chi 
scrive quelle pagine rimane impassibile come di cose ordinarie della vita, 
delle quali non sia quasi da meravigliare. 
Già si sa: chi ha ucciso in campagna, chi ha assassinato in un posto 
qualunque, deve esser condotto al supplizio sopra un carro con le mani 
legate alla coda della mula. Ma fino alla metà del secolo, peggio : 
veniva sopra una tavola trascinato per terra a coda di cavallo. 
I suoi avanzi rimanevano pubblico esempio nei luoghi nei quali i suoi 
misfatti avevano terrorizzato cittadini e campagniuoli. 
Mani e testa, mozzate alla vista del popolo, chiuse entro gabbie di ferro, 
venivano attaccate — macabri trofei — agli archi, alle porte della città, 
ad un bastione, ad un palazzo, alla porta della Vicaria e financo dentro di 
essa sotto gli occhi dei carcerati. Il corpo, se così voleva la sentenza, 
squartato e distribuito ai vari paesi che ne reclamavano la triste eredità, 
poiché ne avean sofferto le geste feroci. I canceddi, bordonari (mulattieri), 
dentro sacchi trasportavano le infami membra, che andavano pendere 
da un albero, da un muro in campagna, Gibellina, presso il convento 
di S. Spirito in Palermo, e quasi sempre nel famoso Sperone all'Acqua 
dei Corsari, ove andavano a compiere la tragedia. 

sabato 2 febbraio 2013

SI ALLA CULTURA, NO ALLA CHIUSURA!

Domenica 10 Febbraio, alle 10.30, ci sarà una libera riunione di cittadini palermitani davanti al Museo della Storia Patria di piazza S.Domenico, recentemente chiuso per mancanza di fondi. I quattro dipendenti hanno perso il lavoro. E' un pezzo importante della città che si perde. 
Ci si chiede il perchè. 
Il Museo è la storia dell'800 palermitano, dai sovrani Borbone ai moti del'20. Dalla rivoluzione del'48, passando alla Gancia e a Garibaldi. Contiene cimeli, carteggi e documenti di assoluto valore.
Ci si riunirà lì davanti come in attesa che il Museo apra per poterlo visitare. 
Tutti possono partecipare, più siamo e meglio è. 
E' prevista la presenza di qualche giornalista che darà visibilità all'evento.
Sarà, ci auguriamo, un segnale per le istituzioni e per ribadire che da palermitani diciamo "SI ALLA CULTURA, NO ALLA CHIUSURA!"
Grazie a tutti coloro che decideranno di intervenire.