lunedì 26 settembre 2011

LA STRAGE DELL'ANNUNZIATA... E un mistero secolare

[MISTERI] Accanto al Conservatorio di Musica V.Bellini c'è un torrione di un'antica chiesa, che è ciò che resta di essa dopo i bombardamenti del 1943... Questo "pezzo" di monumento è anche, forse, l'unica testimonianza esistente a Palermo di quello che è considerato da sempre, il mistero più affascinante della nostra città... Ma andiamo con ordine...
1517 : Gianluca Squarcialupo, uomo della media borghesia, si mette a capo di una rivolta che dovrebbe, nei suoi intenti, rovesciare quello che a Palermo è il potere oligarchico, ovvero toglierlo dalle mani di quelle poche persone che comandano in città a dispetto delle autorità spagnole e dello stesso vicerè Pignatelli, che da qualche giorno è, per così dire, costretto agli "arresti domiciliari" nel palazzo Steri. Il bersaglio dello Squarcialupo e dei suoi compagni, una ventina in tutto, sono i membri del Sacro Consiglio che detengono di fatto il potere cittadino. Nella ricorrenza della festa di S.Cristina, il 24 Luglio, vuole tendere un agguato a queste persone che si recheranno, verso sera, a messa, in Cattedrale. Ma i bersagli, avvisati da un frate delatore, se ne restano al sicuro, e disertano l'evento. Squarcialupo e i suoi allora, inviperiti, si avventano sui giudici dell'alta corte facendo fare loro una tragica fine... Nicolò Cannarella e Giovan Tommaso Paternò, i primi due malcapitati, vengono uccisi e gettati da una finestra del palazzo Steri, quindi straziati dal popolo che infierisce sui loro cadaveri. Il maestro razionale Gerardo Bonanno viene inseguito per strada, evirato barbaramente e poi ucciso...
Priamo Cappoccio, un altro giudice, tenta di nascondersi dentro la casa di una donna, ma scoperto, viene trascinato per strada e percosso fino alla morte.
Le famiglie potenti che comandano in città, su tutte gli Imperatore e i Bologna, temendo il peggio, propongono a Squarcialupo una mediazione ed un incontro per discutere su un nuovo assetto del governo cittadino, dandogli appuntamento l'8 Settembre, nella chiesa dell'Annunziata...
La chiesa dell'Annunziata prima dei bombardamenti del'43

E' una data in cui si celebra la natività della Madonna, e sono presenti in chiesa varie confraternite cittadine con frati vestiti di saio e cappuccio...
Quando tutti sono dentro la chiesa, qualcuno dà il segnale di bloccare le porte e un gruppo di frati incappucciati, guidati dai sopracitati Imperatore e Bologna, si lancia su Squarcialupo e compagni, scannandoli a pugnalate...
Ma chi sono questi frati incappucciati ?
I più recenti studi sulla Palermo del primo '500, tendono a dire, anche se cautamente, che si dovrebbe trattare nientemeno che dei Beati Paoli, la famosa setta di cui è rimasta traccia indelebile nel corso dei secoli e anche nell'immaginario del palermitano odierno. Sarebbe così questa, l'unica testimonianza dell'attività della setta, se tutto ciò fosse confermato da documenti ufficiali. Ma nella tradizione popolare, i Beati Paoli non erano un gruppo di giustizieri dalla parte degli oppressi ? Se le cose stanno così, erano ben altro... 
Della chiesa dell'Annunziata rimane oggi solo un torrione col campanile adiacente al Conservatorio, dei famigerati Beati Paoli, è rimasta la leggenda, e tanti argomenti controversi, tra cui una misteriosa e potentissima confraternita che forse ne muoveva i fili, una sorta di loggia P2 del'500...
Al momento non aggiungo altro, perchè non supportato, finora, da prove, che forse mai verranno alla luce. Vorrei però tornare sull'argomento con qualche nuovo spunto, appena possibile...

Campanile della chiesa dell'Annunziata
Lapide che ricorda l'eccidio di G.Squarcialupo


venerdì 23 settembre 2011

GUARDIE,LADRI E FANTASMI... Degli anni'30

[STORIE] Riallacciandomi ad un precedente post relativo alle anime decollate, mi avvalgo di una nuova storia pescata dal cassetto dei ricordi di Federico, costante collaboratore del mio blog… 
Lo zio Tony, detto Garibaldi per la sua capigliatura bionda, aveva fin da piccolo la nomina di “picciuteddo sveglio e di panza”. Spesso era stato testimone, per via delle sue fughe notturne, di eventi singolari e non sempre belli, tutt’altro… Come quella volta da Padre Messina che assistì dal suo nascondiglio, sotto il telone di una barca, ad una resa dei conti a coltellate, o allo “scannarozzamento” di un doganiere, in zona ponte dei disperati, da parte di un contrabbandiere di sale famoso in quel rione… La regola per Tony era “io un c’era e si c’era, durmeva…” Negli anni ’30 in corso dei Mille, presso le Anime dei Corpi Decollati, era in fervente attività il Mulino Pecoraino, i cui proventi erano conservati nel suo caveau. Quello era il periodo in cui la zona delle anime era un passaggio obbligato per il transito merci e manufatti da e per Palermo, presidiato dalle guardie del dazio, sotto la cui postazione c’era un canneto, famoso per la presenza (si diceva) di fantasmi, sulle rive del fiume Oreto.
Una notte qualcuno reclutò una banda di ragazzini, tra cui Tony, che non avesse scrupoli a giocare a nascondino in quel canneto, per sviare l’attenzione delle guardie. Il bersaglio erano i soldi del caveau del mulino Pecoraino...
I doganieri, distratti dai rumori sottostanti, avendo paura di qualche presenza paranormale, si allontanarono, consentendo inconsciamente a degli ignoti di svuotare il caveau in tutta tranquillità… Ma nel bel mezzo del gioco, apparve una figura avvolta in un lenzuolo bianco e con candela in mano… Allora per i ragazzini fu fuga generale (molti finirono in bagno per improvvisa necessità), ma Tony, con grande coraggio, prese un ciottolo e lo scagliò sul fantasma, pensando : ”Si è spirdu, un ci succeri nienti… Ma si unn’è spirdu, u futtu!” Lo “spirito” colpito dal sasso, esclamò in effetti qualcosa di poco paranormale : “Figghiu di b…!!” La candela cadde per terra e la presenza si dileguò dolorante, raggiungendo i suoi compari con un corno rotto… Allora fu caos totale, partì pure qualche colpo di pistola dalle guardie, ma chi doveva svuotare la cassaforte aveva già svolto il proprio compito, e scappò via col malloppo…
Morale della favola (che non è favola, ma è storia realmente accaduta) :
I ragazzi erano già scappati impauriti…
I doganieri si fecero il segno della croce “cà manu manca” per ringraziare le anime decollate di essere stati risparmiati dai fantasmi…
I ladri la fecero franca…
I proprietari del mulino si ritrovarono con la cassaforte vuota…
La polizia, avvertita solo la mattina dopo, tra fantasmi e ladri, non ci capì nulla…
Tony si rese irreperibile per un po’ di tempo, continuando le sue "fughe"…
Le anime si dovettero accontentare di un ex voto di ringraziamento donato… dai ladri !!!

Il Mulino Pecoraino-Virga,oggi sede di una scuola

martedì 20 settembre 2011

IL DRAMMA DI CARMELO... E l'alluvione del 1931

[STORIE] Carmelo abitava in via Cassari, a primo piano, quasi all’incrocio con via Chiavettieri. All’epoca dell’alluvione aveva circa 50 anni. Lavorava in un ufficio i cui locali erano nei pressi di piazza Marina. Doveva perciò percorrere poche decine di metri per andare al lavoro. Tornando a casa quel giorno, mentre avanzava cautamente con l'ombrello sotto il diluvio, vide la zona trasformata in lago ed il fango che si trascinava via tutte cose, comprese persone. Il problema è che erano saltate alcune delle famose “balate” della Vucciria e dal sottosuolo l’acqua usciva fuori a torrenti, che la pioggia battente ingrossava a dismisura. Preso dal panico, nel vedere la gente dei piani bassi che gridava per la paura dell’acqua che saliva vertiginosamente, nel timore che fosse successo danno a casa sua, iniziò a correre e non si accorse che per lo strato d’acqua, sotto i suoi piedi si era creata una sorta di voragine per via delle balate sradicate dalla pioggia… Carmelo vi cadde dentro e fu inghiottito dal fango e dai detriti. Molti si lanciarono nel punto in cui Carmelo era stato coperto dall'acqua, ma caddero pure questi, e se la cavarono nuotando e con molta paura. Lui purtroppo non riuscì a tirarsi fuori da solo, e morì annegato, nonostante i disperati tentativi di soccorso di altri passanti e le grida strazianti della moglie che assistette impotente dalla finestra di casa. Solo al cessare della pioggia, il suo cadavere venne tirato fuori...
Questa è solo una delle tragedie che si verificò in quei terribili due giorni di pioggia, tra il 21 e il 23 Febbraio del 1931… Preceduta da una violenta ed inattesa ondata di scirocco, su Palermo si scatenò la pioggia per quasi 50 ore di seguito, senza cessare nemmeno un secondo. La violenza del temporale causò lo straripamento dei corsi d’acqua cittadini e non (l’Oreto su tutti), nonché frane e smottamenti. L’acqua in alcuni punti del centro storico, tipo la via Venezia o la piazza S.Onofrio, arrivò quasi al secondo piano dei palazzi, anche a causa del dislivello di queste zone rispetto ad altre… 
Piazza S.Onofrio il giorno dopo l'alluvione

La gru del palazzo delle Poste, che era ancora in costruzione, cadde per il forte vento sul palazzo di fronte, in via Roma… Qualche decina di morti e centinaia di feriti, anche qualche disperso… Non era un bollettino di guerra che segue una battaglia, ma il bilancio di quei due giorni, rimasti indelebili nella memoria di chi c’era e di chi mi ha narrato del povero Carmelo…
Via Papireto
Via Venezia
La gru del palazzo delle Poste in via Roma







sabato 17 settembre 2011

UNA FOSSA COMUNE TRA SANGUE E MISTERO

[MISTERI] Esiste una piazza in zona Lattarini, a pochi metri dalla chiesa di S.Anna, che racchiude (forse) la macabra testimonianza di uno degli episodi più famosi della storia della Sicilia : la rivolta dei Vespri. Facciamo un quadro storico per capire meglio cosa accadde. Alla morte di Federico II, e del suo successore di breve durata, Corradino, la corona di Sicilia resta vacante, ed il papa la consegna agli angioini di Francia. Il loro regno durerà circa 30 anni, terminando appunto con la terribile giornata dei Vespri, il 31 Marzo 1282. E' anche il primo caso (e forse unico) nella storia, in cui il malcontento per un governo mette a fianco sia i nobili che il popolo. L'insofferenza dei siciliani contro il potere angioino è al culmine nel periodo di Pasqua di quell'anno, e la scintilla che fa scoccare il tumulto è, come ben si sa, la molestia di un soldato francese ai danni di una ragazza davanti alla chiesa di S.Spirito. Il soldato viene ucciso con la sua stessa spada, e da lì si scatenerà il finimondo : gli angioini vengono inseguiti e massacrati per le strade, casa per casa, non viene risparmiato nemmeno chi soltanto accenna a parlare francese... Anche i neonati, staccati dalle mamme francesi, vengono battuti su rocce ed altro fino alla morte... Le donne incinte, invece, sventrate, e i loro feti strappati dal grembo con le mani e con le armi... Molti angioini verranno pure evirati, e i "trofei" saranno messi in botti di legno sotto sale e spediti via nave a Napoli, sede del trono di Carlo d'Angiò, re di Napoli e fratello di Luigi IX, re di Francia, in segno di dono !!
Tanti cadaveri straziati rimarranno sul terreno per qualche giorno in putrefazione... Ma soprattutto verrà preso d'assalto il palazzo di Joanne De Saint Remy, giustiziere della contea di Mazara, che si trova a ridosso della chiesa di S.Anna. E' lì che si compie il massacro più notevole dell'intera vicenda... La guarnigione di soldati che difende il palazzo viene letteralmente fatta a pezzi. I loro corpi, squartati dalla furia dei palermitani in rivolta, vengono ammucchiati e gettati in fosse comuni, la principale delle quali pare sia proprio nella piazza davanti al palazzo, che oggi porta il nome di piazza Croce dei Vespri. Il dubbio è dato da studi di anni passati, che parlano di una fossa che in realtà era un antico cimitero francescano... 
Nel 1737 fu eretta una stele con colonnina di marmo e croce in ferro, spostata un paio di volte per agevolare la viabilità delle carrozze. Nel 1883 fu poi definitivamente posizionata al centro della piazza, così come la vediamo oggi... Sui Vespri resta da dire 2 curiosità : la data del 31 Marzo, lunedì di Pasqua, potrebbe essere inesatta, perchè era un martedì, quindi magari tutto accadde il 30... Chissà...
La seconda curiosità è relativa allo stemma della Sicilia, che nacque dopo questi fatti. Il vessillo prese i colori di Palermo (giallo), Corleone (rosso), il simbolo della trinacria e le chiavi di S.Pietro, emblema papale... Tornando sui dubbi della fossa comune : ma se un giorno si decidesse di scavare, per porre fine a questa incertezza, non sarebbe meglio ? Anche a livello storico si darebbe pace alle anime dei tanti francesi che quel giorno  fecero una fine terribile...

Stemma Trinacria
Piazza Croce dei Vespri

mercoledì 14 settembre 2011

IL MAGO NERO...Tra spiriti ed esoterismo

[PERSONAGGI] Ho trovato un articolo di un quotidiano di più di 20 anni fa, in cui si parla di un personaggio singolare, vissuto sino a circa 30 anni fa. Lo ripropongo quasi interamente, per non togliere fascino a questa lettura... 
In via Serradifalco, a Palermo, c’è un castello costruito nell'800, di uno stile composito che riecheggia le Corti europee e circondato da un giardino un tempo molto più vasto, lesionato durante la guerra. Fino al 1979, da una finestra del castello tutti i pomeriggi alle sei si affacciava, con indosso un pigiama militaresco, Raniero Alliata di Pietratagliata, principe del Sacro Romano Impero. Il principe che a quell'ora era appena sveglio, perché dormiva di giorno, nella mano destra faceva dondolare un teschio che portava tra i denti una pergamena nera con su scritte parole magiche in aramaico, vergate in argento. E lanciava verso la Conca d' oro, illuminata dai raggi del tramonto, un oscuro anatema, sempre lo stesso: "Agapithon sthanòs a-ta-tia iaron milosonti Adonai". Poi si ritirava ad infilzare farfalle con spilloni e ad evocare demoni dagli inferi. Raniero Alliata, morto appunto nel 1979 a 82 anni, è rimasto per oltre mezzo secolo chiuso nel suo castello, senza quasi mai uscirne, tranne in rarissime occasioni, dopo una grossa perdita al tavolo da gioco avvenuta nel 1925. Il principe è stato pittore, scultore, evoluzionista, glottologo e stimato naturalista…
Ma soprattutto Alliata è stato un mago nero, evocatore di trapassati inquietanti e di potenze delle tenebre. Raniero aveva l'aspetto di uno Junker prussiano, coi capelli quasi rasati lungo le tempie. Le sue specializzazioni erano la filosofia e la zoologia. Aveva un magnetismo personale straordinario, era sprezzante, cinico, classista. Divideva gli uomini in palesi, gli eletti, e coloro che facevano parte del gregge… 
Il castello era immenso, freddo, ingombro di mobili di gran fattura. Nello studio il principe leggeva, dipingeva, classificava insetti, scolpiva e fondeva soldatini di piombo in divisa prussiana (la particolarità di questi soldatini stava nel fatto che erano donne, con il seno nudo che spuntava dalla casacca aperta). I molti camerieri erano svaniti da tempo, il servizio veniva sbrigato da famigliole, in cambio di vitto e alloggio ma di nessuno stipendio. Le donne giovani erano obbligate a servizi di altro tipo... In un'ala del castello viveva in reclusione Helga, una ragazza norvegese dotata di facoltà ipnotiche e medianiche, completamente plagiata da Alliata, che su di lei faceva alcuni dei suoi esperimenti. Il principe cadeva in trance verso mezzanotte. Il suo respiro diventava affannoso : più affannoso era, meglio riusciva l'esperimento… La luce della sua stanza era sempre fioca, come giustamente conveniva. Spesso faceva funzionare un registratore per incidere le voci delle tenebre. Una volta, riascoltando una registrazione, venne fuori abbastanza distintamente una musica, una specie di nenia. Esaminata accuratamente da musicologi, fu definita un brano di antica musica greca...
Alliata credeva anche di essere immortale, e per questa ragione non ha fatto testamento. Quando, al momento della fine, gli amici gli consigliarono di fare chiarezza sui suoi lasciti, perché altrimenti ci sarebbero state liti interminabili, lui rispose: "E perché? Immortale sono". Per tutta la sua vita il principe continuò ad evocare fantasmi e a lanciare maledizioni ai parenti e ai costruttori che gli assediavano la villa con i loro palazzi.
Un giorno accadde qualcosa di incredibile... Raniero era caduto in una trance profondissima. La stanza fu invasa da un forte odore di zolfo; nello stesso tempo, dalla bocca del principe uscì una voce cupa, affannata, che disse: "Mortali, ascoltate, io sono il re dei mondi..." 
Una voce al rallentatore, come quella di un robot. E al centro della stanza cominciò a delinearsi una figura orrenda, che soffiava e ghignava, una figura che cercava di prendere forma e non ci riusciva, e continuava a sbuffare e a ghignare...  
I testimoni oculari di quel fatto (tra cui il giornalista che poi scrisse un libro sul principe) scapparono via terrorizzati…
Da allora quasi più nessuno mise piede in quella villa, lasciando il mago nero praticamente da solo, in mezzo ai suoi fantasmi e alle sue pratiche esoteriche, fino a quando non morì...
Anche lui, nonostante il discutibile stile di vita, è un "pezzo" della Palermo che fu...

Villa Alliata di Pietratagliata

lunedì 12 settembre 2011

UNA STRADINA TRA MEDIOEVO E DEVOZIONE...

[PERCORSI] L'unica strada che nel centro storico porta ancora il toponimo di "Rua" (dal latino "ruga" e conseguentemente dal francese "rue") è la via Rua Formaggi. Stradina di origine medioevale che prese il nome da Niccolò Formaggio, un giudice della Gran Corte che qui abitava a quell'epoca. Il tracciato di questa antichissima strada è quello delle mura puniche che un tempo circondavano tutta l'antica città. Poi, nel '400, col taglio della salita Raffadali, si aprì una via per arrivare al Cassaro. La "rua" oggi ha un percorso pressocchè inalterato, che va in pratica dalla via Maqueda fino all'ideale incrocio tra i rioni dell'Albergheria e di Ballarò... 
Percorrendola per tutta la sua lunghezza, mi ha colpito, oltre al suo indubbio fascino d'altri tempi, un aspetto in particolare : è piena di edicole votive, per lo più di fine '800, tranne una più antica, e tutte fatte erigere dall'allora Cardinale Michelangelo Celesia, un ecclesiastico di origine nobile (la sua famiglia apparteneva ai marchesi di S.Antonino), e politicamente filo-borbonico, tanto da avere numerosi scontri con la nuova amministrazione unitaria dopo il 1860... Io non conosco il motivo di tutte queste edicole  raggruppate in pochi metri e "firmate" dal Cardinale... Semplice devozione degli abitanti del quartiere o
forse allo stesso Cardinale stava semplicemente a cuore questa strada? O altro ancora ?... Chissà...
L'edicola votiva più antica
Edicola votiva di fine '800/1
Edicola votiva di fine '800/2
Edicola votiva di fine '800/3

venerdì 9 settembre 2011

TRA BOMBE E PROSTITUTE... Ricordi di guerra

[STORIE] Anche questo post, così come altri, si avvale di chi ha aperto i cassetti della memoria, raccontando ciò che ha vissuto da bambino, o ciò che ha sentito raccontare da genitori e nonni. Ringrazio stavolta la signora Matilde, e sua figlia Aurora, che mi hanno permesso di scrivere quanto segue... La famiglia Pace, all'epoca dello scoppio dell'ultima guerra, abitava nella zona di via Montalbo, una di quelle che fu più devastate dai bombardamenti. Tra il tragico e il comico, succedeva di tutto quando suonavano le sirene che annunciavano l'imminente raid aereo, e gran parte di chi abitava quella zona si rifugiava in alcune grotte all'inizio dell'antica salita per Monte Pellegrino.
Tra il fuggi fuggi generale, i ricordi sono tanti... La madre incinta prossima al parto che cade in un tombino, restando con una gamba completamente infilata dentro e l'altra fuori schiacciata sotto il pancione, o l'incredibile scena di un corpo colpito da una bomba che continua a correre per pochi metri...senza la testa ! O purtroppo anche il passare da un sottoscala e chiedersi : "Cosa ci fanno tutte quelle persone immobili ? Perchè non fuggono ?" ...E poi rendersi conto che erano già tutti morti... O addirittura vedere un parto improvviso per strada sotto la pioggia di bombe, giusto il tempo di "tirare" fuori il neonato e proseguire verso i rifugi. Tutto poteva accadere in quei momenti angosciosi...
La grotta che fungeva da ricovero era una cavità scoscesa che si riempiva di persone fin quanto poteva , e dato che spesso ci si rimaneva a lungo, o capitava che i bombardamenti si ripetevano quotidianamente, qualcuno aveva pensato di farne uno spazio con qualche comfort, creando delle porticine improvvisate o dei divisori che davano un minimo di privacy alle varie famiglie rifugiate. Spesso però il risveglio era un pò particolare, intanto perchè il signor Pace (papà di chi mi ha raccontato questa storia), batteva quasi sempre la testa sul soffitto basso e irregolare della grotta, momento allegro in un contesto drammatico, e poi perchè nelle vicinanze c'era un ampio spazio in mezzo all'erba dove si poteva ammirare il risveglio di parecchi soldati accampati e in mezzo a loro varie prostitute con cui avevano trascorso la notte, giusto per "ammazzare" il tempo tra una bomba e l'altra. Una di queste signore era conosciuta come la "mutilata", dato che le mancava un pezzo di gamba e saliva in quella zona, per andare a svolgere la sua "attività, accompagnandosi con un piccolo sgabello che appoggiava sotto l'arto mancante per trascinarlo meglio...
A volte pare fosse divertente vederla correre (si fa per dire) per sfuggire ai bombardamenti in quelle condizioni... Più che per vocazione, in quel caso il mestiere lo si faceva per fame.
Drammi e sorrisi quindi, nella memoria dei nostri familiari, testimoni oculari di un momento terribile, ma l'importante è che questi ricordi, anche se brutti, non vadano perduti...

Macerie a Palermo nel 1943

mercoledì 7 settembre 2011

STASERA TEATRO,RISTORANTE ...O una bella esecuzione ?

[STORIE] I palermitani di alcuni secoli fa fecero del macabro la sola forma di spettacolo da vedere e gustare (ed era pure gratis)... Il popolo, che non poteva permettersi cene o teatri, aveva preso l'abitudine di assistere alle  tragiche esecuzioni capitali, che più truculente erano, più erano scopo di divertimento .
Già la commemorazione dei defunti era stata trasformata in festa, e il cimitero sotterraneo dei padri cappuccini era già diventato una sorta di mostra di cadaveri mummificati appesi al muro...
Oggi ci teniamo informati tramite internet su spettacoli teatrali e cinematografici, o scegliamo il pub dove bere un drink in compagnia... A quei tempi si attendeva con ansia il bando senatoriale che annunciava una sentenza da eseguire in questa o quella piazza... I palermitani si entusiasmavano ammirando le scenografie, i drappeggi, le confraternite che assistevano i condannati, gli inquisitori, i soldati, lo stesso boia vestito dei colori cittadini. Poi c'era pure il malcapitato, che durante il tragitto dalla prigione al patibolo, sul carretto trainato da un mulo, veniva vituperato, offeso, deriso, e gli si lanciava addosso di tutto. La Palermo del '600, ad esempio, era un patibolo a cielo aperto. Il Sant'Uffizio aveva il proprio carcere, con relative sale di tortura, prima al Castello a mare e poi al palazzo Steri. Per i roghi ereticali c'erano a disposizione piazza Marina, il cosiddetto "Brasero du Ciarduni" (piano dell'Ucciardone), e poi anche il piano di S.Erasmo, dove per rendere più gustoso il supplizio, il condannato veniva cosparso di pece e fatto bruciare a fuoco lento (come nel caso di frà Diego La Matina, che se si fosse pentito in tempo utile, sarebbe stato semplicemente strozzato nelle carceri filippine dello Steri). Poi c'erano pure i Quattro Canti, dove si svolgevano soprattutto impiccagioni, o il piano del Carmine, ed altre piazze ancora... Se di notte uscissero fuori le anime dei condannati, nei vari luoghi delle esecuzioni, ci sarebbe un traffico peggiore di quello odierno... 
Le carceri più capienti erano alla Vicaria, sulla rua Marmorea (odierno Corso Vitt.Emanuele, nonchè Cassaro). Altre prigioni erano a Porta Carini e presso il Teatro Bellini (ex Carolino). I prigionieri per reati politici erano ospitati al Castello a mare. Questa struttura giudiziaria fu definita, un tempo, "L'ORRENDA MA GIUSTISSIMA GIUSTIZIA DI PALERMO"...
Ad alcuni rei si poteva punire solo l'organo che aveva commesso il crimine, come il taglio della mano in caso di furto, ma c'erano casi in cui le condanne erano al limite del fantasioso, come per l'avvelenatrice Theofania D'Adamo, che venne posta nuda su un carro dopo essere stata "attenagliata" con pinze, riportata alla Vicaria, "garrotata", poi dal detto luogo "appiccata e squartata"... E ovviamente non mancavano impiccagioni, decapitazioni, o sevizie varie, a seconda dei reati commessi.
Chi ci guadagnava di più in queste terribili messe in scena, era, come abbiamo detto, il popolino, avido di tali spettacoli... Ma tanti e tanti popolani fecero brutta fine, forse uno dei pochi a morire da pensionato nel proprio letto fu un famoso boia, di cognome Anastasi...
Oggi la giustizia non si fa più, per fortuna, in questo modo, ma è "giustissima giustizia" come quella di una volta ?
Stemma del Sant'Uffizio

Palazzo Steri - Ex sede dell'Inquisizione

martedì 6 settembre 2011

UN BULLO DEL DOPOGUERRA

[ANEDDOTI] Primi anni '50, quartiere della Vucciria. Questa storia mi è stata raccontata da un anziano ex commerciante di quel quartiere e confermata anche da persone conoscenti, soprattutto per ciò che riguarda il finale...
Da qualche tempo si aggira per le strade della Vucciria tale Montuoro (non si sa se fosse un cognome o la storpiatura di qualche nome proprio, ma era conosciuto così). E' un tipo enorme, sulla quarantina, alto circa 1,90 e di notevole stazza. Un pò stupido, ma con grande arroganza, si fa beffe di tutto e tutti, sostenuto ovviamente dalla sua imponente mole. E' un attaccabrighe, un violento, uno che non lavora e non fa nulla, se non gironzolare in lungo e largo per le stradine del rione a dare fastidio a chiunque, un classico "malacarne" che tende a primeggiare con la sola forza dei suoi muscoli. E' temuto proprio perchè non esita a picchiare chi tenti di contrastarlo. Qualcuno lo "usa" anche per risolvere certe questioni. Alla fine di una ennesima lite, una volta furono chiamati persino i carabinieri, ma pare che i malcapitati tutori dell'ordine vennero presi a botte da Montuoro, che se la cavò con una lieve condanna... Negozianti, passanti, abitanti del rione, erano letteralmente terrorizzati dalla sua presenza...
Una persona in particolare era però il suo bersaglio : un ometto piccolo ed esile, che lavorava in uno dei negozi del quartiere, e che ovviamente non aveva le qualità fisiche per confrontarsi con Montuoro... 
Nel 99 % delle volte, gli girava le spalle e non dava retta ai suoi sfottò, sostenuto da tante persone che gli consigliavano che era meglio lasciarlo perdere...
Il tutto durò per un periodo abbastanza lungo, e tra una rissa e l'altra, uno sfottò e una minaccia, un bel giorno il bersaglio preferito del bullo, stanco e avvilito dall'ennesima presa in giro, uscì dalla bottega e affrontò Montuoro, al quale non sembrava vero di poter dare una lezione al minuscolo ometto. 
Nel momento in cui, in mezzo a un cerchio di spettatori, Montuoro stava per suonargliele di brutto, l'ometto tirò fuori dalle tasche un coltello, e tagliò letteralmente in due il voluminoso addome di Montuoro, da fianco a fianco... L'epilogo fu da...macelleria : Montuoro cominciò a correre per tutta la Vucciria con la mano sul ventre squartato, da cui pioveva una cascata di sangue, e, particolare macabro, molti notarono (compreso chi mi ha narrato questa storia), che fuoriuscivano gli intestini dal grosso squarcio... Montuoro stramazzò per terra e morì lentamente, nonostante l'accorrere dei soccorsi. L'ometto fu arrestato ma non rimase a lungo in carcere perchè ebbe molti testimoni a favore, e gli fu riconosciuta la "legittima difesa"....
Se il bullo Montuoro avesse letto la storia di Davide e Golia, forse avrebbe vissuto più a lungo...  
La "Vucciria" di Renato Guttuso


venerdì 2 settembre 2011

FANTASMI,COLTELLI E SCHIOPPETTATE...Una storia palermitana d'altri tempi

[STORIE] Federico Ferlito, prezioso collaboratore e consigliere di questo blog, ci apre le porte dei ricordi della sua famiglia, raccontandoci avvenimenti di 150 anni fa. Lo ringrazio come sempre per la disponibilità e la cortesia, e vi invito a leggere ciò che segue e che lui ha scritto in prima persona...
La famiglia D'Angelo-Rabboni abitava nell'800 in vicolo Granato I° e II°, nel palazzo padronale attiguo al Ritiro di S.Pietro, presso la chiesa di S.Francesco Saverio, all'Albergheria. L'edificio era passato alla famiglia per diritto d'eredità dai baroni Bottino di Comiso. Il palazzo, tipica costruzione settecentesca, era costituito da due piani signorili e uno per la servitù, e fino al 1932 c'era la scuderia con cavallo e landeau, e un giardino di melograni dove si trovavano le tombe del Ritiro di S.Pietro. Questo terreno fu acquisito illegalmente dalla famiglia dopo lo sconvolgimento causato dal terremoto dell'1 Settembre 1726. Raccontava mio nonno che raschiando la terra, emergevano le lastre di ardesia delle tombe. Le monache del convento adiacente, antiche proprietarie del giardino, tentarono una causa per riprenderselo, ma la persero perchè a quei tempi comandavano i nobili ! Fatica inutile... Mio nonno e mia madre narravano che spesso in quel giardino si trovavano coltelli insanguinati, forse gettati da gente che li "usava" e che confidava nel fatto che quella non era famiglia che andava a raccontare certe cose ai "birri"...

Nel 1889 tutto il patrimonio passò a Grazia D'Angelo, sposata con Federico Rabboni (d'origine ebraica-Rabbin). Questa ebbe 2 figli, Ignazio, medico psichiatra, benvoluto nel quartiere perchè curava tutti senza distinzioni, e Teresa, la mia bisnonna (sposata Lo Casto), che ebbe 3 figli, Francesco, Elisabetta e Federico (mio nonno, appunto). Grazia, dalla descrizione a me arrivata di chi la conobbe in età avanzata (intorno al 1917), era alta più della media, capelli bianchi, occhi azzurri, generalmente vestita di chiaro, ed avente, pare, delle doti medianiche niente male (in quel palazzo si era suicidata per impiccagione, una zia di Grazia)... 
La sua famiglia, nel 1860 (lei era ventenne), era aristocratica e filo-borbonica, tanto che lei, scontenta dell'amministrazione savoiarda, ripeteva sempre : "Quannu o Carmineddu c'erano i Napulitani, ri funtani culava oro e tuttu iva pù so versu !"
Fin dall'Aprile 1860, la sua famiglia capì che le cose volgevano al peggio, pertanto aveva provveduto in anticipo, a fare scorte di generi alimentari di prima necessità, di combustibili, di olio, e perfino d'acqua, avendo riempito le vasche da bagno e bevendola dopo bollitura... Per ordine dei familiari, la servitù aveva smantellato i cosiddetti "canali" dai tetti, pronti per essere lanciati contro possibili assalitori. Durante le giornate degli scontri in città, tenevano l'olio preriscaldato per gettarlo all'occorrenza addosso a presenze inopportune ! Anche bottiglie piene di petrolio per lumi, con miccie di cotone intrise di cera e polvere pirica, o coltelli a stocco recuperati dal famoso giardino... C'erano anche armi, tra cui pistole da viaggio ad avancarica, una pistola a tamburo da cavalleria francese (con pallottole ad ago e proiettili di piombo con punta a croce, devastanti per chi ne fosse stato colpito), una sciabola da ussaro a mezzaluna, ed altre armi che poi furono disperse tra i discendenti familiari... 
L'Albergheria nel 1860 ( Foto  G.Le Gray)
I piani bassi erano stati svuotati di mobili e masserizie, il tutto riunito nell'ampio androne per bloccare il portone, e i materassi posti davanti a finestre e balconi per annullare gli effetti di eventuali pallottole o schegge. Le scale, infine, bloccate con sedie ed altro per scoraggiare eventuali invasori... Per fortuna tutti questi preparativi non servirono perchè il palazzo venne risparmiato sia per il rispetto che nel rione si portava alla famiglia, sia, forse, per la protezione dei fantasmi degli antenati....
Passata la baraonda di quei giorni, Grazia si traferì per un certo periodo in una villa in zona via Perpignano, per sfuggire alla paura dell'epidemia di colera del 1866...
Tanti anni dopo, nel periodo della Grande Guerra, assieme alla figlia Teresa, riesumò le sue famose doti medianiche per evocare con una seduta spiritica le anime degli antenati ed avere notizie del nipote Federico, dato per disperso e del quale non si avevano più notizie (possiedo ancora il tavolino a tre piedi usato per l'occasione)... La seduta non ebbe un effetto istantaneo, ma dopo poco tempo all'ignaro zio Francesco apparve in casa una figura alta, con capelli lunghi e chiari. La reazione dello zio fu : "Nonna, per favore ti puoi spostare ?" Ma la figura non si spostò e Francesco gli scagliò contro un bollitore per siringhe, pensando fosse entrato un ladro in casa... Grazia capì subito che quella figura era l'antico antenato don Jacopo Bottino che forse portava notizie... Dopo breve tempo il postino consegnò una lettera del Regio Esercito in cui si leggeva che il disperso Federico era vivo, ma un pò malconcio...
Le due donne andarono a confessarsi per aver disturbato le anime di defunti in pena, ma il parroco non diede loro alcuna assoluzione, e le accompagnò in Curia, dove il Cardinale, ravvisato il pentimento, elargì loro dispense e perdono...
Cosa resta oggi di questo singolare personaggio ? Un antico quadro, datato 1861, in seta e con le sue iniziali, la G e la D, ricamate in pagliuzze d'oro, usanza di un'epoca che appare remota, ma che invece grazie a testimonianze indirette come questa, è più viva che mai. Come già detto in altri post, sono questi i tesori da custodire e tramandare. E non finisce qui...

Il quadro del 1861 con le iniziali di Grazia D'Angelo

giovedì 1 settembre 2011

SCHIAFFI GARIBALDINI... Dentro la chiesa di S.Giuseppe

[ANEDDOTI] Carmelo Agnetta fu un soldato garibaldino che guidò la cosiddetta "retroguardia" dei Mille. Arrivò infatti a Marsala l'1 Giugno del 1860, una ventina di giorni dopo il grosso della spedizione. Nato nel 1823 a Caserta, ma di origini sicilianissime, aveva fatto gli studi a Palermo, poi si era trasferito altrove, ma stava per tornare in Sicilia con la camicia rossa. Giunto a Palermo con una settantina di uomini e un bel carico di armi e munizioni,  si recò alla chiesa di S.Giuseppe dei Teatini, ai Quattro Canti, che aveva parte della volta aperta da una bomba borbonica, in cui erano riunite le forze garibaldine. 
Lì fu involontario protagonista di un episodio spiacevole. Avvicinato da Nino Bixio, stava per presentarsi e mettere i suoi uomini a disposizione, quando Bixio lo interruppe e gli ordinò di andare coi suoi soldati a scortare la salma del Col.Tukory del quale, in quel giorno, veniva celebrato il funerale.
Agnetta rispose : "Scusi, ma lei chi è ?"  La risposta indispettita fu :  "Io sono Bixio !" E giù uno schiaffone...
Da lì nacque un parapiglia dentro la chiesa che stava per culminare in rissa tra garibaldini. Dovette intervenire Garibaldi in persona, mentre Agnetta chiedeva soddisfazione. Garibaldi pregò il malcapitato di accantonare l'accaduto ed evitare duelli, almeno per il momento, mentre Bixio finì in punizione. Dopo la fine dell'impresa dei Mille, i due contendenti continuarono a "beccarsi" per via epistolare, ma fu solo l'anno successivo che risolsero la loro questione con un duello alla pistola in una località del nord Italia, presso il confine con la Svizzera. Bixio ebbe la peggio, rimanendo ferito ad una mano, e perdendo la quasi totale funzionalità dell'arto per il resto della sua vita. I due poi, fecero pace, anzi pare che Bixio raccomandò in seguito l'Agnetta a dei politici piemontesi per aiutarlo nella carriera che questi intraprese in seguito. Carmelo Agnetta fu consigliere della Prefettura di Palermo per qualche tempo, poi si trasferì in altre città e morì nel 1889...
Anche questo è uno dei tanti aneddoti palermitani poco conosciuti, ma che ci fanno capire come andavano le cose in quei giorni...

Nino Bixio (1821-1873)
PS. Non ho trovato una foto d'epoca di Carmelo Agnetta, ma solo del Bixio. Accontentiamoci, anche se su Nino Bixio ci sarebbe da spendere fiumi di parole,  e non proprio belle....