domenica 31 luglio 2011

UNA BREVE PASSEGGIATA MEDIOEVALE

[PERCORSI] Da uno dei lati della piazza S.Domenico, vi è la discesa che conduce al cosiddetto "Piano" di S.Andrea, piazzuola da cui si snoda un tracciato di stradine antichissime, la cui diramazione è rimasta quasi intatta dal medioevo, in alcuni casi da tempi ancora più remoti. La piazza, seppur molto piccola, contiene ben tre chiese, due delle quali per fortuna restaurate, dopo tanti anni di incuria e degrado (erano anche queste ridotte a magazzini privati), un'altra (la chiesa del S.Sepolcro) in restauro, così come il quattrocentesco palazzo che vi sta accanto. La prima chiesa, sul lato sinistro della piazza, venendo da S.Domenico, è S.Andrea, di costruzione duecentesca, periodo in cui arrivò a Palermo un nucleo di Amalfitani, che abitando in questo quartiere, decise di edificarla. Verso la fine del '500 passò poi alla confraternita degli Speziali (o Aromatai), che tante botteghe avevano qua attorno. La seconda chiesa è S.Nicolò Lo Gurgo, costruita nei primi anni del '300, e definita così per una storpiatura dialettale di "borgo", essendo questa zona, come si è detto prima, una sorta di piccolo insediamento di Amalfitani. Anche questa chiesa passò nel '600 ad una confraternita, quella dei Calzettai, da cui venne rimodernata e abbellita.
Chiesa di S.Andrea
Chiesa di S.Nicolò Lo Gurgo

Proseguendo a sinistra si percorre la stretta via Ambra, così chiamata per le botteghe artigiane che lavoravano pietre d'ambra, una stradina dalle origini remote, addirittura pare ci fosse già in periodo musulmano (circa 900 d.C.). 
Via Ambra

Si esce poi nella piazza di S.Eligio, uno spiazzo che fu allargato ai primi del '900, ma anch'esso di origini medievali. Anticamente vi erano negozi e botteghe di orafi e argentieri (anche oggi in realtà questa zona è conosciuta per le gioiellerie che ci sono). Queste attività artigianali avevano fatto costruire la propria chiesa nel 1650, dedicandola a S.Eligio. Devastata dai bombardamenti dell'ultima guerra, di essa rimane solo qualche rudere, in attesa (molto probabilmente) di una sua prossima e definitiva demolizione...
Resti della Chiesa di S.Eligio


Piazza S.Eligio

In fondo alla piazza S.Eligio, all'angolo con via Materassai, nel Febbraio del 1998, a causa della forte pioggia, saltò qualcuna delle "balate" della pavimentazione stradale. Fu allora che si potè ammirare, ma solo per breve tempo, l'antico corso del fiume Papireto... Sulla destra, quasi alla fine della piazza, c'è un arco che introduce alla piazzetta Appalto, dove c'erano, anticamente, le officine di manifattura del tabacco. E' anche questo un ambiente medievale che ha conservato, oltre alla geografia del territorio (pressocchè intatta), un fascino tipico di ambienti di quell'epoca lontanissima. Percorrendola tutta si torna verso via Ambra, dal lato destro, o dall'altro lato si può uscire, attraverso lo stretto vicolo ("Vanedda") della Rosa Bianca, nel quartiere della Vucciria.
Piazzetta Appalto
Vicolo della Rosa Bianca
A conclusione di questo breve, ma affascinante tragitto medievale, devo dire che oltre al solito degrado e ai cumuli di spazzatura sparsi qua e là, ho anche potuto notare tante case restaurate che danno la luminosità giusta a questo perimetro. Tanto si sta facendo, tanto c'è ancora da fare...

giovedì 28 luglio 2011

MATRIMONI POPOLARI...Nella Palermo della Belle Epoque

[ANEDDOTI] Nella seconda metà dell'800, a ridosso dei palazzi nobiliari (specie in zona corso Vittorio Emanuele), nei vari vicoli e cortili viveva la Palermo dei ceti meno abbienti. Erano famiglie in genere molto numerose, che si potevano permettere un pranzo degno di tal nome, solo una volta a settimana (in genere la domenica)...
La loro vita sociale si svolgeva quasi tutta in casa, tranne i giorni festivi in cui ci si permetteva, oltre alla messa, qualche breve sortita a Villa Giulia. I ragazzini maschi vivevano quasi sempre nei vicoletti adiacenti dove giocavano coi loro coetanei vicini di casa, le ragazze invece erano quasi sempre confinate tra balconi e, per chi ce l'aveva, terrazzini, dai quali, ad una certa età, cominciavano ad ammiccare a qualche giovanottino di passaggio... Quando questo si faceva più costante o insistente, incontrando anche il favore della ragazza, iniziava il cosiddetto periodo della "liccata", ovvero un amore a distanza, fatto di cenni, sorrisini e messaggini, che dovevano rigorosamente essere tenuti nascosti alla madre della ragazza, la quale spesso però sapeva tutto da qualche vicina di casa che non si faceva i fatti propri. Scattava poi la "acchianata", cioè il ragazzo andava coi genitori in casa della ragazza a conoscere e farsi conoscere, chiedendo di fidanzarsi. In questo caso il regalo era un anellino (ma di poco valore) o qualche paio di orecchini, spille, etc. E poichè anche durante i fidanzamenti non era concessa alla ragazza nessuna libertà, in genere il matrimonio avveniva dopo non molto tempo, un anno o poco più... L'abito da sposa era spesso fornito dalla madre stessa o da qualche zia, mentre la cerimonia (molto sobria per le ristrettezze economiche), era spesso seguita da un piccolo corteo di carrozze (la "scarrozzata" appunto) con gli sposi in testa. Il "trattenimento" invece si svolgeva in casa della ragazza, dove si brindava tra torte, dolciumi, confetti , marsala e rosolio fatto in casa...
Gli sposi poi andavano ad abitare dai genitori di lui o di lei, a seconda delle necessità, in attesa che lui trovasse lavoro fisso per permettersi un affitto. La prima notte comunque la passavano da soli, ed era la madre dello sposo che andava a dare il buongiorno agli sposi, analizzando le lenzuola, per trovare tracce di ciò che era "successo",  per mostrarle più o meno orgogliosamente ai curiosi e ai parenti (....). 
I viaggi di nozze iniziarono a prendere campo verso la fine dell'800, col viaggio in nave per la mèta più vicina, cioè Napoli. Questa usanza, in certe fasce sociali, si è protratta sino al 1960 circa... Bell'epoca ? Non so commentare... Certamente c'era più genuinità, ma anche tanta ignoranza... Pazienza, sono comunque le nostre radici...

Un matrimonio degli anni Venti
Matrimonio degli anni Venti (I miei nonni materni)



mercoledì 27 luglio 2011

L'ECCIDIO DI VIA MAQUEDA... Una pagina di storia dimenticata

[STORIE] 19 Ottobre 1944, mezzogiorno circa... E' in corso una manifestazione popolare con un corteo di persone che si dirige verso palazzo Comitini, allora sede della prefettura. Lo scopo è di protestare contro il carovita. E' un momento terribile per la città, metà della quale è ancora sepolta dalle macerie dei bombardamenti che l'hanno devastata per quasi tutto il '43. Le scorte alimentari sono al minimo, ed i prezzi, nonostante il "calmiere" imposto dalle autorità, sono proibitivi. Un esempio ? La paga giornaliera di un muratore è di circa 40 lire, che non bastano a comprare 2 kg di pane neanche al "mercato nero", figuriamoci in un centro di generi alimentari, dove costa 36 lire al kg. La protesta è iniziata da impiegati comunali e di uffici vari, si estende poi anche a gente comune.Il prefetto per paura di una sommossa, invia dalla Caserma Scianna un reggimento di soldati della divisione Sabaudia. Ad un certo punto, e non si sa per quale motivo, il comandante della divisione ordina di fare fuoco sulla folla, che protesta più o meno pacificamente (verrà poi accertato che i dimostranti non erano armati). Si scatena un putiferio attorno ai Quattro Canti. 
Dopo alcuni proiettili esplosi tanto per provare a tenere a bada la situazione, i soldati rovesciano sui dimostranti una tempesta di piombo, lasciando a terra 24 morti (tra cui alcuni bambini) e circa 170 feriti. Usano pure delle bombe, una delle quali finisce in una lavanderia vicina, uccidendo due donne...
Il giorno dopo il Giornale di Sicilia parla degli avvenimenti dicendo che la folla era armata solo di grida. Il comunicato delle autorità cittadine dice invece che sono stati i dimostranti ad aprire il fuoco sui soldati che sono stati costretti a reagire (tra i militari ci saranno solo 5 feriti lievi)... Una prova di scaricabarile che si protrae per alcuni giorni. Poi si dà la colpa al movimento separatista, con degli arresti che non hanno alcun senso, e la rimozione del comandante della divisione Sabaudia... Il processo che ne seguirà, conclusosi solo il 22 Febbraio del 1947 (3 anni dopo i fatti) vede l'assoluzione degli imputati che sono solo accusati di "eccesso colposo di legittima difesa"... Tutti liberi. E' una pagina infame ma dimenticata della storia di Palermo...

Il Giornale di Sicilia del 20 Ottobre 1944


domenica 24 luglio 2011

LO "SBIRRO" NEL POZZO

[PERSONAGGI] Lipari, 1711. Due guardie esigono un balzello da un venditore che espone dei ceci, merce di proprietà della locale mensa vescovile, che a quei tempi aveva il privilegio di essere esente dal pagare tasse. Questo, all'apparenza, futile episodio, è la scintilla che determinerà uno dei più grossi conflitti tra chiesa e stato in Sicilia. E' la cosiddetta "controversia liparitana". Il vescovo di Lipari solleverà un polverone tale partendo dalla scomunica delle due guardie. Questa crisi prenderà poi strade politiche e tra gli uomini del vicerè e gli sgherri pontifici si arriverà ad arresti, indagini private, tradimenti, delitti, etc. Un personaggio in particolare sarà protagonista di queste vicende, uno dei più temuti investigatori della storia palermitana, lo "sbirro" Matteo Lo Vecchio. Abitante in un vicoletto dell'Albergheria, sarà reso famoso anche dalle pagine del romanzo di Luigi Natoli, "I Beati Paoli". Lo Vecchio incarna alla perfezione quello che di più infido e disdicevole c'è nell'immaginario dei palermitani di quell'epoca nei confronti della sua categoria. Anzi, oserei dire, che l'idea dello sbirro infame, ce la siamo portata appresso fino ad oggi in un certo tipo di mentalità...
Traditore, calunnioso, violento, venduto ora a questo, ora a quel padrone, Matteo Lo Vecchio fa arrestare e torturare decine di persone, spesso innocenti, si traveste per ingannare, tende agguati, estorce denaro...
Ma la sera del 21 Giugno 1719, la sua vita cessava per via di due fucilate al petto, a pochi metri dall'ingresso della Cattedrale. Il suo funerale fu un momento molto macabro, descritto pure dal marchese di Villabianca nei suoi "Diari palermitani". Ancora con gli occhi aperti (perchè nessuno volle chiuderli), e vestito con l'uniforme, fu portato su una lettiga improvvisata da una chiesa all'altra per la dovuta sepoltura, cosa che però venne rifiutata dalle varie parrocchie, anche in modo poco urbano. Il tutto tra due ali di folla che scherniva il cadavere straziato dello sbirro, in modo feroce e contento allo stesso tempo. Alla fine di questa tumultuosa peregrinazione, i due portantini che sorreggevano l'improvvisato feretro, non trovarono di meglio che portarlo in una zona fuori dalle mura cittadine, e dopo averlo denudato, lo gettarono in un pozzo...
Più di due secoli dopo fu Leonardo Sciascia, che impietosito da questa vicenda, scrisse un epitaffio intitolato "Una rosa per Matteo Lo Vecchio", in cui diceva che in fondo lo sbirro era stato solo un inflessibile esecutore di ordini dall'alto, e che il suo cadavere riposava in un anonimo pozzo accanto al "cadavere dello stato"...
Il vicolo dove abitava Matteo Lo Vecchio porta oggi il suo nome... Ma questo mi fa pensare : perchè intitolare una strada a lui e non ad altri personaggi palermitani sicuramente più meritevoli (vedi post su Franco Franchi) ???

Il vicolo intitolato a Matteo Lo Vecchio
Vicolo Matteo Lo Vecchio all'Albergheria

sabato 23 luglio 2011

LE MONACHE PASTICCIERE DEL '700

[ANEDDOTI] Nel '700 spesso i nobili usavano farsi fare i dolci, per i loro sontuosi pranzi o ricevimenti, da mastri pasticceri d'eccezione...le suore ! Le migliori pasticcerie della città erano infatti i monasteri e i conventi, i quali avevano le loro specialità, senza farsi concorrenza. Questa usanza, in alcuni monasteri, si è protratta quasi fino ai giorni nostri. Da bambino infatti ricordo che spesso la domenica sentivo parlare di tanta gente del mio quartiere che andava a comprare dolciumi al convento di suore in via Venezia. Ma tornando al '700, pare che la bravura delle suore suscitasse qualche gelosia tra i cuochi dei palazzi nobiliari, e come si legge nel brano sotto (tratto dal libro di G.Pitrè "La vita in Palermo cento e più anni fa"), al confronto delle suore qualsiasi dolciere si doveva andare a nascondere...
Ciascun monastero aveva un piatto, un manicaretto, ch'era come il suo distintivo, ma anche il dolce speciale solito a farsi nel monastero medesimo. Tutti i pasticcieri della città gareggiavano nel comporre ghiottonerie d'ogni maniera, ma chi poteva mai raggiungere la squisitezza dei frutti di pasta dolce di mandorle del Monastero della Martorana (1), del riso dolce del monastero di S.Salvatore ? Tutti preparavano conserve di scorzonera, ma nessuno attingeva alla perfezione di quelle del convento di Montevergini, come nessuno sapeva fare la cucuzzata (zucca condita) e il bianco mangiare (specie di gelatina di crema di pollo) di S.Caterina. Molti menvan vanto del loro pan di spagna, ma in confronto a quello del monastero della Pietà, qualunque dolciere doveva andarsi a nascondere, o le cosiddette sfincie fradici, composte da uova e panna, del monastero delle Stimmate. (...) Centinaia di cassate si riversavan fuori dal convento di Valverde per la Pasqua (2), e settimane prima, per il Carnevale, migliaia di cannoli di vera ricotta e cassatine della Badia Nuova, alla quale nessuno poteva negare la palma dell'inaugurazione del calendario dei rituali dolciumi. Se il convento di S.Vito primeggiava con i suoi agnelli pasquali, la Concezione con i suoi muscardini per il festino di S.Rosalia, i Sett'Angeli con le mustazzoli.
Grandeggiavano da ultimo S.Teresa con le cassate in freddo, S.Vito col suo sfinciuni, (...) e la pasta con le sarde, piatto nazionale della felicissima nonchè golosissima capitale dell'isola.
Ma v'erano monasteri d'origine inferiore, che tanto lusso non potevano permettersi, ed anch'essi, nelle loro modeste sfere, avevano le loro specialità, quale per lo scacciu : ceci, mandorle, fave, avellane (monastero delle Cappuccinelle), quale per le olive ripiene (monastero dell'Assunta), quale per altro...
E come a lato del male sta il bene, così quasi a rimedio delle indigestioni per tante cassate, cannoli, frutti, mandorle, ravazzate, c'era la Badia di S.Rosalia che compieva il pietoso ufficio di preparare un antiacido medicinale di sicurissimo effetto...

(1) Da qui l'usanza di chiamare la cosidetta pasta reale, frutta di "martorana"
(2) Pare che siano state proprio le suore del monastero di Valverde a dare alla cassata la forma attuale, cioè con la superficie piena di frutti canditi

Cannoli siciliani
 
Cassata siciliana
PS . Dedico questo post ad Angela, Aurora e Maria Grazia, tre amiche che in cucina hanno dimostrato di saperci fare...

DIECIMILA MARTIRI... Abbandonati a se stessi

[TESORI] E' da quando ero bambino che mi capita spesso di passare davanti alla bellissima chiesa di S.Agostino, riccamente decorata di stucchi serpottiani e con un magnifico portale quattrocentesco. Di fronte ad essa, molto più piccolo, messo quasi in disparte, c'è l'antico Oratorio dei Diecimila Martiri. Costruito nel 1580 dai Gerosolimitani, appartenne poi alla Compagnia dei Diecimila Martiri, detta così in ricordo del martirio di S.Agacio, un legionario romano che fu crocifisso nel 304 d.C. dopo essersi convertito al cristianesimo. Con lui furono uccisi anche diecimila suoi compagni, pure loro convertiti. L'oratorio è, da quando me lo ricordavo io, sempre in stato di abbandono, il suo magnifico frontale, del primo barocco, cade quasi a pezzi... Mi sono sempre chiesto come possa essere all'interno... Ma riuscirò mai a vederlo ? Il cartello che c'è davanti all'ingresso recita "Ex Oratorio dei Diecimila Martiri". Un dubbio : EX si riferisce al fatto che ormai è un ex monumento ? Proseguire mi sembra superfluo...

Oratorio dei Diecimila Martiri

giovedì 21 luglio 2011

5 CHIESE SEMINASCOSTE... e quasi abbandonate

[PERCORSI] Nella zona tra via Calderai e via Divisi si può benissimo fare in pochi minuti un itinerario alla scoperta di 5 chiese seminascoste e purtroppo, notare che alcune di esse sono in stato fatiscente... Fanno comunque parte della nostra storia, e per questo reputo sia interessante andare ad osservarle, prima che magari un paio di esse vengano demolite... Si comincia da via Calderai, dove sulla destra, entrando da via Maqueda, c'è un ingresso detto Arco della Meschita, che anticamente dava accesso ad un insediamento ebraico, in un luogo che ospitava una sinagoga. Subito dentro l'arco c'è la chiesa della Madonna di tutte le Grazie, detta anche del Sabato. Edificata nel 1617, dopo il 1630 fu affidata alla Congregazione del Sabato. L'esterno appare in buone condizioni, l'interno invece, nel corso degli anni, è stato oggetto di furti ed atti di vandalismo...

Arco della Meschita
 
Chiesa della Madonna di tutte le Grazie

Percorrendo via Calderai, in direzione via Roma, si devia poi sulla destra per la via S.Cristoforo, dove troviamo l'omonima chiesa. Costruita nel 1743, passò dopo una ventina d'anni alla Confraternita degli Ufficiali di Giustizia, di S.Cristoforo, appunto. Tempo fa, a causa dell'incuria e dell'abbandono, crollò il tetto. Ora pare che ci sia stato un parziale restauro...

S.Cristoforo/1
S.Cristoforo/2
Voltando di nuovo a destra, ci si introduce per via Giardinaccio. Subito all'angolo c'è la chiesa della Madonna del Paradiso. Costruita nel 1765 dalla Congrega dei Paggi, oggi appare in stato di totale abbandono. Fino a poco tempo fa era utilizzata come magazzino...

Chiesa della Madonna del Paradiso
Proseguendo per via Giardinaccio, si volta poi a sinistra in direzione di via Divisi, ma prima di arrivarci, si fa una piccola deviazione a destra per il vicolo S.Orsola, dove c'è la settecentesca chiesa della Madonna della Misericordia la Savona. Non ho trovato notizie particolari su di essa, ma rimane solo il portale d'ingresso, e anche questo è comunque in condizioni fatiscenti. Utilizzata anch'essa come magazzino...

Chiesa della Madonna della Misericordia la Savona
Torniamo indietro ed entriamo in via Divisi, dirigendoci verso via Roma, che attraversiamo e ci incamminiamo su via Montesanto. Dopo pochi metri c'è, sulla destra, il vicolo del Giglio. Qui c'è la chiesa dell'Annunziata del Giglio, o per meglio dire, ciò che resta di essa. Costruita alla fine del '500 dalla Corte Pretoriana, fu aperta solo verso il 1615. Purtroppo anch'essa adibita oggi a deposito, con tanto di portoncino con lucchetto, ricavato chissà da chi per conservarci materiali vari. Sono riuscito a dare una sbirciata dentro e mi pare che, oltre a tutto ciò che c'è depositato, ci siano elementi artistici niente male...

Chiesa dell'Annunziata del Giglio
A conclusione di questo breve itinerario (interessante comunque da un punto di vista storico/artistico), non resta che fare l'ennesima e sconsolata riflessione : Cari amministratori locali (Curia compresa, in questo caso), quando penserete di intervenire ? Mi auguro che se questo accadrà, non sarà per demolire, ma per restaurare...

mercoledì 20 luglio 2011

GIACOMO SERPOTTA... Il Barocco è "LUI"

[PERSONAGGI] Il maggior artista palermitano del periodo barocco è Giacomo Serpotta. A lui si devono infatti quasi tutte le decorazioni in stucco del tardo '600 e dei primi del '700, nelle principali chiese ed oratori della città. Nato nel quartiere della Kalsa il 10 Marzo 1656, Serpotta si trasferisce da giovane a Roma, dove risente l'influenza di artisti del barocco romano come il Bernini. Tornato a Palermo, diviene un totale innovatore nella tecnica dello stucco, che da semplice decorazione, diviene tra le sue mani, arte nel senso più elevato del termine. La maestrìa del Serpotta sta nella difficoltà della lavorazione dello stucco, materiale in parte di gesso, che essiccandosi velocemente, non dà spazio per errori. E la sua innovazione sta nel mettere in questo impasto polvere di marmo, che serve a dare lucentezza al risultato finale. Lavorerà ininterrottamente, coadiuvato anche dal figlio Procopio e dal fratello Giuseppe, fino alla sua morte, avvenuta il 27 Febbraio 1732. Giacomo Serpotta è sepolto nella chiesa di S.Matteo, in corso Vittorio Emanuele. Lascia capolavori come S.Cita o la chiesa del Gesù, simboli assoluto di quel periodo barocco, di cui, a ragione, si può considerare uno degli artisti più importanti...

Monumento a Giacomo Serpotta all' Oratorio di S.Cita

martedì 19 luglio 2011

GOETHE A PALERMO...E l'immondizia di fine '700...

[PERSONAGGI] Il famoso scrittore tedesco Wolfgang Goethe venne a Palermo nell'Aprile del 1787. Alloggiato nell'odierno palazzo Butera (allora l'hotel era un'ala del palazzo Benso, che dopo venne accorpato al palazzo Butera), descrisse in un capitolo del suo famoso scritto "Viaggio in Italia", la Palermo di quei tempi con la maestrìa che la sua penna era solita fare. Tra l'altro, si recò a trovare la famiglia del famoso Conte di Cagliostro, con la quale imbastì un certo rapporto. Ma di questo mi riprometto di parlare in un futuro post... 
Mentre passeggiava nell'odierno corso Vittorio Emanuele, Goethe si mise a discutere con un negoziante del problema della spazzatura, cosa che già a quei tempi, rendeva certe situazioni a dir poco imbarazzanti...
Ma ecco l'estratto del libro "Viaggio in Italia" in cui si parla di questo argomento :
Mentre ero davanti al negozio per guardare le mercanzie, un leggero colpo di vento turbinando lungo la strada, sollevò una polvere immensa che subito s'introdusse in tutte le botteghe e finestre. (...) "Da dove viene la sudiceria ?" (...) Il mercante rispose : "Tutto ciò che gettiamo fuori dalla casa marcisce ammucchiato davanti la porta. Voi vedete qui strati di paglia e di canne, di rifiuti di cucine, e ogni sorta di immondizie; tutto questo insieme si secca e ritorna a noi in polvere contro cui ci dfendiamo tutto il giorno". (...) Alla mia ripetuta domanda, se non fosse stato possibile prendere un provvedimento, egli rispose che fra il popolo si diceva che quelli che dovrebbero vigilare per la nettezza, non potrebbero, essendo persone importanti e influenti, essere costretti a fare del pubblico denaro l'uso che si dovrebbe. E vi si aggiungeva una circostanza singolare : togliendo quello strato d'immondizie si vedrebbe come il lastrico è ridotto in cattivo stato e ciò svelerebbe la disonestà dell'amministrazione.
Problemi di immondizia, quindi, nella Palermo di fine '700, dovuti in gran parte a mancanze degli amministratori cittadini. Oggi, dopo più di 300 anni, è cambiata qualcosa in meglio ?
J.Wolfgang Goethe (1749-1832)
Lapide che ricorda il soggiorno di Goethe a Palermo
L'Hotel che ospitò Goethe (Palazzo Butera)


POST IN INGLESE

GOETHE IN PALERMO...GARBAGE PROBLEMS IN LATE'700



The famous German writer Wolfgang Goethe was in Palermo in April 1787. Housed in today's Palazzo Butera (at the time the hotel was a wing of the palace Benso, which later was merged to the palace Butera), described in a chapter of his famous book "Journey to Italy", the Palermo of late’700 with the great ability of his pen. Among other things, he went to find the family of the famous Count of Cagliostro. But about this meeting I plan to speak in a future post ...
As he walked in today's Corso Vittorio Emanuele, Goethe began arguing with a shopkeeper about rubbish problem, which even at that time, made some embarrassing situations in the city ...
But here is the excerpt from the book "Journey to Italy" in which we talk about this topic:
While I was in front of the store to look at the merchandise, a slight gust of wind swirling down the road, raised a huge dust that soon entered inside all the shops and windows. (...) "Where does this dust come from ?" (...) The merchant replied: "Everything that we throw out of our houses, crowded in front of the shops door, in the street. You see here a lot of straw and reeds, kitchen waste, and all sorts of rubbish, when all this stuff is dry, comes back to us in dust, and we fight against that all the day." (...) To my repeated question, if it was not possible to take a decision, he replied that it was said that among the people who should ensure the street cleaning, they could not do anything, being important and influential people, and being forced to do with public money the right use. And there is added a peculiar circumstance: removing that layer of filth to be seen how the pavement is reduced in poor condition and this would reveal the dishonesty of the administration.
Problems of garbage, then, in Palermo in late’700, largely due to lack of city administrators. Today, after more than 300 years, something has changed for better?







lunedì 18 luglio 2011

PIAZZA BOLOGNA....E non "Bologni"

[TESORI] Tutti i palermitani ben conoscono piazza Bologni, situata in corso Vittorio Emanuele, nel tratto che dai Quattro Canti va verso la Cattedrale... Pochi di loro però sanno che il suo vero nome è Bologna. La piazza, edificata con criteri rinascimentali alla metà del '500, è un rettangolo delimitato da palazzi nobiliari e molto importanti. Uno di questi è, sul lato destro (se si osserva la piazza dal corso Vitt.Emanuele), palazzo Alliata di Villafranca, che nel XVI secolo fu dimora di Aloisio Bologna, il quale faceva parte di una delle famiglie nobili più potenti del '500, ragion per cui si dette il suo nome alla piazza. Danneggiato da un terremoto nel 1751, fu in parte restaurato, ma poi di nuovo offeso dai moti risorgimentali nel 1820. Il  27 Maggio del 1860 lo utilizzò Garibaldi per schiacciare un pisolino pomeridiano (c'è una lapide che ce lo ricorda). Il palazzo è di notevoli dimensioni, e meriterebbe senz'altro un restauro. Poi c'è il palazzo Ugo delle Favare, di origine tardo-cinquecentesca, che appartenne a varie famiglie nobili, ma distrutto in parte dai bombardamenti del 1943, è in uno stato di semidegrado. Il noviziato dei Carmelitani delimita l'altro lato della piazza. Costruito anch'esso nel tardo '500, è stato per tanti anni sede di istituti universitari. Dal lato del corso Vitt.Emanuele c'è Palazzo Riso. Abitato dapprima dai Ventimiglia, fu totalmente ricostruito nel 1780, ed intorno al 1930 divenne il palazzo del Fascio, ma fu sventrato dalle bombe del 1943, che lo rasero al suolo. Ricordo che sino ad una ventina d'anni fa, era poco più di un cumulo di macerie che circondavano un grosso fossato. Al centro della piazza domina la statua di Carlo V, qui portata nel 1631, dopo che si era pensato di metterla al centro dei Quattro Canti... Quindi piazza Bologna e non Bologni. Ma a chi venne in mente di nominarla in quest'altro modo ? Se lo sapete, comunicatemelo qui...

Piazza Bologna-La statua di Carlo V
Piazza Bologna-Palazzo Ugo delle Favare
Piazza Bologna-Palazzo Villafranca
La lapide garibaldina sulla facciata di Palazzo Villafranca

domenica 17 luglio 2011

S.GIOACCHINO...Ricordi d'infanzia

[TESORI] Per caso, percorrendo via S.Basilio (quartiere Olivella) ho visto aperta dopo tanto tempo la chiesa di S.Gioacchino, a me particolarmente cara, poichè annessa al Collegio di S.Maria all'Olivella, dove ho fatto le scuole elementari e pure la prima Comunione. La chiesa è aperta di solito al mattino, molto presto. Ovviamente non ho esitato ad entrare per rivedere questa chiesa dopo tanti anni. Costruita nel 1721, così come il collegio di suore attiguo, la chiesa è un esempio di transizione tra il barocco ed il neoclassico. Elementi settecenteschi, come grandi dipinti, dominano sulla quasi totalità del bianco candido. La chiesa, tutto sommato è in buono stato, a parte qualche problemino a un muro. Con grande piacere ho rivisto suor Alfonsa, che era lì e che non vedevo da tanti anni. Lei risiede nel collegio da circa 60 anni, e il suo tono di voce è quello che ricordavo da bambino, sempre pacato e rassicurante. Le altre suore che erano lì ai tempi che frequentavo io l'istituto, purtroppo sono tutte venute a mancare negli anni scorsi. Suor Alfonsa mi ha permesso di scattare qualche foto, dopodichè mi sono intrattenuto a discutere piacevolmente con lei per un pò, essendo stata la mia primissima maestra, in prima elementare. E' ormai una delle pochissime suore (sono 4 in tutto) che gestiscono l'istituto, portandolo avanti con grande spirito di sacrificio e con energie che purtroppo, prima o poi, potrebbero esaurirsi, sia per mancanza di risorse umane (pare che nuove suore di "rinforzo" al momento non ce ne siano in giro), sia di fondi, che sono solo garantiti dalle rette pagate dai bambini che frequentano la scuola... Ringraziandola, mi  riprometto di andarla a trovare quanto prima e tornare sull'argomento...

S.Gioacchino-Esterno
S.Gioacchino-Interno/1
S.Gioacchino-Interno/2



sabato 16 luglio 2011

SS.PIETRO E PAOLO...Una chiesa da recuperare

[TESORI] In via Matteo Bonello, a due passi dalla Cattedrale e accanto al palazzo Arcivescovile, si trova l' Opera Pia Cardinale Ruffini, edificio che alla fine del '600 era un ospedale per sacerdoti. Si entra da una cancellata  e si sale per delle scale  che conducono ad una chiesa dal fantastico portale d'ingresso in pietra : è la chiesa dei SS.Pietro e Paolo. Edificata anch'essa alla fine del '600, è uno di quei tesori d'arte poco conosciuti dai palermitani, ma ben noto agli addetti ai lavori, in quanto contiene al suo interno sculture del Serpotta, un tabernacolo in lapislazzuli e vari dipinti di gran pregio. L'unico problema è che la chiesa è chiusa da parecchio tempo, in attesa di restauri che non si sa nemmeno se e quando avranno mai inizio. Anche il suo esterno inizia ad essere un pò "traballante", motivo per cui sono state messe delle transenne per evitare che qualcuno passi troppo vicino... Approfitto di questo post per ringraziare la persona che gentilmente mi ha permesso di entrare ad ammirare e fotografare il suo esterno, in attesa (si spera) di poter fare lo stesso anche con l'interno...

SS.Pietro e Paolo-Portale
SS.Pietro e Paolo-Esterno
SS.Pietro e Paolo-Particolare del portale

PALAZZO RAMMACCA...Tra "morte" e "mosche"

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[TESORI] A piazza Garraffello, nel cuore della Vucciria, oltre al già citato palazzo Mazzarino, c'è un altra costruzione di fine '500, palazzo Rammacca. Edificato come residenza del principe Gravina di Rammacca, ha una grandezza notevole, e si trova incapsulato tra due antichissime stradine, il cortile della Morte e la via Terra delle Mosche... All'inizio del '600 ospitò per un certo periodo anche gli uffici del Banco Pubblico, poi trasferiti in un altra sede. Il palazzo, bisognoso (anche lui, ahimè) di urgenti restauri, è comunque abitato, anche se in condizioni di degrado che si sposano a perfezione con l'intera piazza che lo ospita... L' atrio che si imbocca dal sontuoso portone, dà su una bellissima scala interna, con tetti a volta. Anche questo un gioiello di architettura, che speriamo possa essere salvato dalle condizioni in cui si trova, e che sicuramente non merita... Proprietari ed amministratori pubblici, datevi una sveglia !!

Cortile della Morte-A destra Palazzo Rammacca
Palazzo Rammacca-La scala interna/1
Palazzo Rammacca-La scala interna/2
Palazzo Rammacca-L'ingresso visto dall'interno

IL FAVOLOSO RESTAURO DI PALAZZO LUNGARINI

[TESORI] In via Lungarini, a due passi dalla chiesa di S.Francesco d'Assisi, da qualche tempo è stato ultimato il restauro del sontuoso palazzo che dà il nome alla strada stessa. Appartenuto inizialmente al marchese Bonanno di Lungarini, il palazzo fu costruito nel 1625, poi cambiò proprietari nel secolo successivo, e sino a qualche anno addietro era piuttosto malridotto. Meraviglioso esempio di architettura del '600, con il suo enorme portale, l'atrio e le inferriate dei balconi a "petto d'oca", è stato riportato, sia per quanto riguarda la facciata che per l'interno, allo splendore di un tempo. L'atrio, con l'antica fontana, e la scalinata che sale verso i piani superiori, danno l'idea di quella che un tempo doveva essere la vita all'interno del palazzo... Complimenti ai restauratori e anche a chi ci abita...

Palazzo Lungarini-Facciata

Palazzo Lungarini-Loggiato superiore
Palazzo Lungarini-Scala
Palazzo Lungarini-Atrio interno
Palazzo Lungarini-Fontana dell'atrio



venerdì 15 luglio 2011

LA FACCIA POPOLARE DEL FESTINO

[ANEDDOTI] 14 Luglio 2011...Mentre sul Corso Vittorio Emanuele ha luogo il corteo che fa da apripista al carro di S.Rosalia (in attesa delle celebrazioni religiose dell'indomani), c'è un altro aspetto del Festino, quello più popolare, che si snoda nei quartieri che circondano quella zona, come la Vucciria o la Kalsa. L'aspetto è ovviamente quello gastronomico... 
Ma c'è più interesse per questo aspetto o per ciò che S.Rosalia rappresenta per i palermitani ?

Calia e Simienza
Stigghiole



Frutti di mare
Panelle e Crocchè
 
Babbalùci
Ed infine...i fuochi artificiali (per digerire ?)