lunedì 13 gennaio 2014

UN DRAMMATICO ANNIVERSARIO: IL TERREMOTO DEL'68

Una testimonianza di chi, bambina, visse i terribili momenti del terremoto del Belice, quello che sconquassò mezza Sicilia. Ringrazio Cristina che ha scritto questa bella pagina e invito tutti voi alla lettura.
 
Uno dei ricordi più terribili della mia infanzia: nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, la nostra madre terra divenne irrequieta poiché un violento evento sismico di magnitudo 6,4 della scala Richter colpì le provincie di Trapani, Agrigento e Palermo. Furono rasi al suolo paesi come Gibellina e Poggioreale, nonchè l'intera valle del Belice. Seguirono altre tremende scosse, violentissime, che fecero tremare la terra. 
A quell'epoca abitavamo al Vicolo Nicolò Cacciatore, quando, nella notte di quel terribile e freddoso mese di Gennaio, intorno all'una di notte, mentre dormivamo in sonno profondo, fummo svegliati dal tremore dei vetri e dal dondolio del letto che ci sbalzò subito a terra. C'era freddo e il cielo era nerissimo. Mia madre gridò, ma da ogni parte altre voci esclamavano "Aiuto! Il terremoto". 
Ci alzammo tutti dai letti e quando mio padre accese la luce, ai nostri occhi si presentarono lampadari che si muovevano, piatti rotti per terra, il frigorifero spostato nel centro della stanza, le ante degli armadi aperte... In strada si sentiva il vocìo e la confusione delle persone che spaventate lasciavano le case e in men che non si dica si diffuse la notizia che c'era stato un violento terremoto. Suonò il campanello di casa, era la nonna che gridava di scendere perchè poteva replicarsi una scossa più forte e fu così che quella notte mi vestii in fretta e furia e uscimmo tutti di casa: padre, madre e cinque figli, tutti piccoli.
Io che ero la più grande, avevo appena 8 anni. Mio padre ci mise tutti dietro la motoape e ci dirigemmo al giardino dei papaveri dell'Acquasanta dove lui teneva le mucche. Il nostro primo rifugio fu il campo sportivo. Le stanze degli spogliatoi erano piene di persone che abitavano nei dintorni dell'Acquasanta, chi aveva portato con se delle coperte e le metteva a terra e si sdraiava, chi invece aveva portato delle tende da campeggio e si accingeva a passare il resto della nottata all'aperto, in mezzo al campo di gioco Ognuno faceva il suo racconto e riportava ciò che aveva provato tra fenditure sui muri delle case e altro.  Mia madre era seduta sulla panca e qualcuno le offrì una coperta mentre allattava la piccola che ignara di ogni cosa piangeva per la fame e cercava il seno materno. Dopo pochi minuti un'altra scossa ci fece sussultare e tutti gridammo dalla paura. Fu un trauma per noi piccoli fanciulli ed io per la prima volta nella mia vita imparavo la parola “TERREMOTO“.
Avevamo sonno e mio padre ci portò dentro la stalla, ci fece adagiare nella paglia in uno stanzino dove teneva i vitellini appena nati. Per la prima volta dormimmo assieme alle mucche che con il loro fiato riscaldavano l'ambiente, mentre mamma seduta davanti la motoape, continuava ad allattare la sorellina neonata. Mio padre si coricò su un carretto che un fruttivendolo lasciava in giardino. E fu così che passammo quella notte del 15 gennaio 1968.
Verso le 5 del mattino ritornammo a casa, in giardino stavano per arrivare i contadini e mio padre doveva mungere le mucche. Ma con quale stato d'animo rientrammo in casa! Seguirono le scosse di assestamento e la più tremenda si sentì nel pomeriggio. Mia madre aveva paura e quel timore ce lo contagiava anche a noi figli. Quel giorno le scuole restarono chiuse e siccome miracolosamente nell'infanzia si dimentica tutto in fretta, giocammo in strada e anche fra noi ragazzini commentavamo il terremoto. Qualcuno diceva che si era fermato nel giardino vicino alla nostra scuola elementare Ignazio Marabitti, per poi riprendere il cammino in serata, come se fosse una persona.

Non sapevamo cosa fosse per davvero un terremoto, lo immaginavamo come un mostro gigantesco dall'aspetto spaventoso e deforme che camminava sotto la terra e faceva tremare le case. 
Di primo mattino iniziò il telegiornale straordinario, cosa insolita per quell'ora perchè veniva trasmesso solo alle ore 13,00 e dava la notizia che quel terribile mostro non aveva colpito solo Palermo ma paesi interi erano stati sdradicati e c' erano morti e feriti, persone sotto le macerie fra cui donne, vecchi e bambini e gente ferita senza più un tetto. La gente intervistata piangeva, molti avevano i loro cari sotto le macerie e i soccorsi stavano arrivando da tutta Italia. Le case sembravano giganteschi e sinistri scheletri. In molti paesi devastati come S.Ninfa, Gibellina e Poggioreale, mancavano la luce e l'acqua.
Ecco quello che vidi in televisione quel terribile gennaio 1968. La nostra povera Sicilia ancora una volta piangeva! E io imparai una seconda parola: MORTE. Quel pomeriggio passò lo strillone del giornale “L'Ora“ che dava la notizia del terremoto e anche mia madre comprò il giornale.
Io nel frattempo mi trovavo in Via Montalbo poiché mia madre mi aveva mandato in farmacia per comprare una pomatina per un problema alla pelle di mia sorella. Avevo 8 anni ma sembravo quasi una
vecchina, poichè ero la maggiore. Invitai una amichetta a venire con me per tenermi compagnia.
Quando ritornammo verso casa vedemmo un cane che abbaiava in continuazione ed era agitato, probabimente aveva previsto il terremoto con alcuni secondi di anticipo, cosa tipica dei cani.  Improvvisamente vedemmo gente che fuggivacome  che fosse scoppiata una guerra. Non capìi subito, ma c'era molta agitazione e la gente gridava. Poi qualcuno gridò : "C'è il terremoto!".

Ci guardammo in faccia e iniziammo a correre precipitosamente verso casa. Nella fuga la mia amica perse una scarpa e a me scivolò il tubetto di pomata dalle mani. Arrivammo al vicolo Cacciatore quasi senza fiato, e lì trovammo il caos. Una vicina di casa disse alla mia amichetta che la madre la cercava ,io nella confusione scorsi mia madre che mi prese per mano dicendo: ”Grazie a Dio sei ritornata, avevo paura per te“, ed io frastornata chiesi: ”Ma c'è stato di nuovo il terremoto?”
“Si “ rispose mia madre “ stavo leggendo il giornale sul terremoto quando il pavimento mi è oscillato sotto ai piedi“. Mi accorsi però che qualcuno della mia famiglia mancava e chiesi a mamma :”Ma dov'è la sorellina?” Lei lanciò un urlo: "Mi scurdavu a picciridda a casa!!". Il cervello di mia madre, per il panico, era andato in tilt. Io scoppiai a piangere e pensavo che la mia sorellina potesse morire come tutti quei bambini che avevo visto in televisione e che si trovavano sotto le macerie. Mamma ci lasciò in custodia con altri vicini di casa presso il giardino della scuola Marabitti e corse con tutta la disperazione che aveva in corpo, affrontando il pericolo. Io restai lì a piangere in mezzo alla confusione e a proteggere i miei fratellini più piccoli. Avevo paura che lei non tornasse più e mi sentivo sola e, anche se ero circondata da decine di famiglie, guardavo nella direzione da cui poteva tornare. Quando finalmente la vidi arrivare con la bimba avvolta nelle coperte il mio cuore esultò di contentezza: la mia sorellina era salva ! Il sole quel pomeriggio risplendette di più. Passammo altre notti fuori casa e ci furono altre piccole scosse di assestamento. Il nostro rifugio a quell'epoca fu il giardino dei papaveri che come una mamma generosa e amorevole ci ospitò e ci accolse.

Ecco cosa fece in quei giorni Poseidone che secondo la mitologia greca era il dio del mare e dei terremoti .Quando il dio emergeva dal mare, armato di un tridente costruito dai ciclopi per scatenare in un attimo maremoti e terremoti. In quel gennaio del 1968 Poseidone era così furioso e collerico che volle prendersela con la Sicilia... 

Poggioreale, un paese fantasma dopo il terremoto del'68
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